IL SISTEMA RELIGIOSO DELL'ANTICO EGITTO
Premessa
Le divinità del "Pantheon" Egizio, data la complessa e varia rappresentazione pittorica e scultorea della loro morfologia, ad un primo momento, trasmettono unaarcana attrazione e un inspiegabile interesse, insieme ad una non gradevole sensazione di confusione.
Superate però le difficoltà del primo momento, per coloro che desiderano capire in profondità il senso e i significati delle molteplici rappresentazioni misteriche delle divinità egizie, anche se lentamente, arriva l'inaspettata intuizione e la prima comprensione di questa complicata e antica teologia. Si comincia così a riconoscere simboli ed immagini e, quasi magicamente, a sillabare nomi e parole della difficile e composita lingua egizia.
Quasi sempre, per chi si avvicina anche occasionalmente, a questo antico e misterioso universo religioso, il groviglio dei simboli e dei profondi significati di questo "grande mare delle immagini" comincia a sciogliersi e a divenire sistema, fino a trasformarsi, talvolta, in un potente strumento di ricerca personale sulle arcane e sublimi verità della vita dopo la morte. Inoltre lo studio di questa singolare religione permette di formulare una valutazione su un periodo storico che si estese ininterrottamente dall'epoca protostorica della stessa civiltà egiziana (circa 3300 a.C.) a quello della dominazione greco-romana (450 d.C.).
Durante 4000 anni , il sistema teologico si è potuto configurare ed evolvere molto sofisticatamente, non solo in virtù di una grande disponibilità e predisposizione al culto da parte dell'intera popolazione, ma anche attraverso una grande e predeterminata volontà "politica" dello stesso stato faraonico. Nel suo complesso, il sistema religioso egiziano deve essere considerato essenzialmente una forma di culto che, durante tutta la sua lunghissima esistenza, ha mantenuto i suoi più importanti fondamenti teogonici e teologici pressoché immutati. Questa stabilità e conservazione dei fondamenti teologici della religione egiziana, furono resi possibili anche grazie alla particolarissima posizione geografica del paese.
Come in molte altre religioni anche in quella egizia, è presente il principio di un CAOS anteriore a qualsiasi creazione. Vediamo, brevemente alcuni esempi significativi riportati nella letteratura sacra degli antichi testi egiziani che a tale proposito riportano: "...non esisteva ancora il cielo, non esisteva ancora la terra non esistevano ancora gli uomini, gli dei non erano ancora nati, non esisteva ancora la morte..... (Testi delle piramidi)
" ...un tempo gli Dei non esistevano ancora, nessun nome era stato dato, nessun destino stabilito......." (Testi Caldei).
Nella lingua egiziana l'idea di Caos veniva espressa con il termine NU, e poi, nella lingua greca, con la parola NUN significante specificatamente: "nel Nu vive lo Spirito di Dio".
Il concetto di Dio, nella scrittura degli antichi egizi, come riferito dai testi delle Piramidi, veniva espresso, in maniera più o meno stilizzata, con un segno geroglifico simile a un'ascia. Per tutti i teologi egiziani, a prescindere dalle scuole di appartenenza, la Teodicea (il concetto di Dio) era la stessa. Dopo attente ricerche e comparazioni degli antichi testi, gli egittologi compresero che il segno simile all'ascia era in realtà uno stendardo in legno con drappeggi in stoffa che, sul davanti, formavano una specie di banderuola. Spesso sopra lo stendardo era poggiato un falco e, talvolta l'ibis, per sottolineare il carattere "cosmico" della forza che veniva così rappresentata.
Nella lingua egizia la parola "Dio" veniva espressa, fin dai tempi più antichi, con la parola "Nether" (Netheru al plurale) mentre lo stendardo veniva nominato con la parola "Netherit"(che, usato come determinativo, significava "albero"). Secondo molti egittologi, la parola "Nether" derivava dalla radice "Ter" che rappresentava la fioritura annuale della palma e, con ampliamento del suo significato simbolico, rappresentava anche la ciclicità del rinnovamento attraverso la rinascita, come del resto avviene regolarmente e ciclicamente nei vegetali.
Già ai primi secoli dell'antico regno, si aveva l'idea di Dio come l'essere che, invece di crescere e morire come tutti gli altri esseri, restava immutato perpetuamente nello stesso stato. Pertanto, la parola "Nether" stava a rappresentare anche il concetto di "eternità dell'essere" o, meglio, "l'eternamente se stesso, colui che non muore mai". Nello stesso modo, anche i Netheru (gli Dei), costituiti dalla stessa sostanza del loro Padre, unitamente ai defunti che erano stati divinizzati, per mantenere la loro immortalità, dovevano attuare un processo di reintegrazione con i Netheru e, a seguito della riuscita di questa prima opera, reintegrarsi con il Nether, padre di tutti gli esseri. Per questo motivo, in alcune tombe, i defunti venivano raffigurati nell'atto di trarre il loro sostentamento dall'albero stesso. Conseguentemente, il luogo terreno in cui la divinità poteva manifestarsi, per mezzo dell'officio di un culto, divenne un "recinto sacro" e, in seguito, un vero e proprio Tempio, rappresentato simbolicamente dalla dea Neith di fronte alla quale furono posti due Stendardi divini (Nether). Inoltre il segno "Nether", usato anche per marcare i luoghi sacri, era rappresentato sotto forma di corpo umano totalmente avvolto in bende da mummia. Infatti in alcuni passi dei Testi delle Piramidi, per alludere al Nether, veniva scritto: "Esso è avvolto nelle bende". In questo caso è palese il significato di immutabilità della sua essenza non soggetta ad alcuna modifica.
Il termine Nther U rappresentava, infine, l'ente supremo o Dio Uno che, immutato nel significato assumeva nomi diversi nei vari sistemi teologici della civiltà dell'antico Egitto e cioè:
- nel Sistema Teologico di Eliopoli: Ra-Atum
- nel Sistema Teologico di Memphis: Ptah
- nel Sistema Teologico Tebano: Amon
Di "Nehter Ua" è scritto (nell'inno ad Amon): "....Padre degli dei, creatore degli uomini e degli animali .... solo Uno ed Unico dalle molte mani.; significativa è anche l'affermazione del Dio sole: ".... Io sono Khepri al mattino ... Ra a mezzodì ..... Atum la sera ....
Alla fine, anche se la manifestazione è mutevole, eterna è la sostanza. Nel Papiro magico di Torino è scritto: "Formula per il Dio che è diventato Dio, che si è autogenerato, che ha creato il cielo, la terra, il fuoco, gli dei, gli uomini, il bestiame, i rettili, i pesci, che è re degli uomini e degli dei".
In altri documenti, anche più antichi, è però presente la parola "DIO" senza ulteriore specificazione e così compare nei Testi funerari nei quali, talvolta, si riferisce ad Osiride. Ptahotep, Ani, e Amenemope nelle loro "massime", scritte in epoche diverse, si riferiscono sempre a un Dio quale Essere Supremo. In particolare possiamo riportare una bellissima frase attribuita ad Amenemope nella sua Teologia (XVIII dinastia): "l'uomo e' argilla e paglia e Dio e' il suo modellatore".
Anche se molti egittologi moderni stentano a riconoscere il monoteismo dell'antico Egitto, esso è così reale che un passo del libro dei Morti, riferendosi all'Altissimo, dice: "Tu sei il Dio Uno, che venne in essere al principio del mondo".
Un altro dei testi delle Piramidi dice:
- Ecco che scendono, le acque della vita che sono nel cielo.
- Ecco che affiorano le acque della vita che sono nella terra.....
- Il cielo è in fiamme per te, la terra trema per te,
- prima della nascita divina.
- Le due montagne si spaccano e si separano.
- Il Dio si fa vivo, il Dio prende potere nel suo corpo.....
- Il mese è nato, i campi vivono
Nel capitolo XVII dello stesso testo, Ra afferma: "IO SONO L'UNICO DIO". Comunque, come affermano molti egittologi, l'iniziato egiziano non aveva norme precise per adorare una o l'altra divinità, bensì quella di adorare Dio, ovvero: Ua Nether.
Alcune massime moraleggianti, incise sul retro degli scarabei, fanno emergere un concetto di Dio spoglio di qualsiasi determinazione come ad esempio:
- Tutti gli avvenimenti sono nella mano di Dio;
- Tutti i buoni destini sono nella mano di Dio;
- Ciò che ancora non esiste è nella mano di Dio;
- Dio eleva colui che l'ama;
- Dio pensa a colui che lo pensa.
Come mai il popolo egizio, fondamentalmente monoteista, potè avere una rappresentazione delle divinità così multiforme e varia ?
La risposta è semplice: GLI DEI NON SONO CHE MANIFESTAZIONI DELL'ESSERE SUPREMO.
Nell'inno ad Amon è scritto: "...E' Ra, creatore del nome delle sue membra che vennero in essere nella forma degli Dei che sono al suo seguito, gli uomini pervennero dai suoi occhi e, dalla sua bocca, gli dei vennero in essere..."
Nel Libro dei Morti della Sacerdotessa Nesikhonsu Dio è definito: "..L'anima santa che venne in essere al principio, il gran Dio che vive della verità, l'essenza primeva che ha dato origine ad ogni susseguente essenza divina, l'essere attraverso il quale ogni Dio ha avuto l'esistenza, l'unico UNO autore di ogni cosa ...."
Il Pantheon egiziano può essere considerato, in definitiva, non altro che una manifestazione individualizzata del dio Supremo. Bonnet (noto egittologo) diceva "In Egitto l'idea del dio ha oscillato tra due poli:
-il primo, presta al Dio una forma umana e lo pone nell'ambiente terrestre e sociale;
-il secondo, raffigura la divinità come una forza con diverse manifestazioni, un fluido capace di circolare e di assumere varie forme. Alle diverse manifestazioni della "Forza" potrebbe essere ricondotta la concezione di Dio- UNO che si manifesta attraverso diverse divinità singole, cioè membra del Dio Supremo, venute in essere poiché egli le ha nominate. La Teodicea ci riporta alla genesi delle singole divinità, ma è evidente che simili concetti abbiano trovato espressione chiara e completa solo presso la classe sacerdotale e colta.
DELLA DIVINITA`
Nella religione praticata dall'antico popolo Egiziano le rappresentazioni della "divinità una", nei suoi numerosissimi e multiformi aspetti, venivano raffigurate diversamente, a seconda delle funzioni che essa svolgeva nel suo costante e complesso processo di manifestazione nel mondo della forma e della materialità. Così, le differenti "azioni della divina geometria" venivano rappresentate sia con figurazioni antropomorfe sia con figurazioni zoocefale. E'per questo che lo studio di queste immagini sacre può risultare difficoltoso in quanto la rappresentazione simbolico-teologica della "divinità una" era raffigurata per mezzo di tutta questa grande varietà di immagini. Ulteriori difficoltà nascono dal fatto che, nella vastissima letteratura sacra, le molteplici raffigurazioni delle singole divinità non furono sufficientemente descritte nelle loro funzioni specifiche. Un aspetto molto particolare di questa religione è il frequente riferimento ai complessi meccanismi della morte e del post-mortem rappresentati continuamente nel sistema iconografico attraverso una fantasmagorica ed articolatissima visione tanatologica che è poi il baricentro, non solo della religione egizia, ma anche del comune pensare di ogni singolo egiziano. Ad ogni modo,
gli obiettivi finali, meglio sarebbe dire escatologia, della religione egiziana, prescindendo dalle numerosissime possibilità di rappresentazione ideografica, possono essere così riassunti:
I°: la conquista di una immortalità autocosciente e non soggetta alle leggi cicliche del divenire o alle concatenazioni della trasmigrazione delle anime;
II°: l'incorruttibilità dello spirito e, per gli alti sacerdoti, dello stesso corpo fisico.
Oltre a questi due principi che rimasero per più di 3000 anni gli stessi e che furono scrupolosamente osservati da tutto il popolo, esisteva per i fedeli una pratica religiosa ordinaria e, a volte, la possibilità di accesso ad alcuni ambienti religiosi molto esclusivi e riservati. All'interno di questi ambienti, venivano praticati culti misterici molto riservati e una impegnativa forma di esperienza religiosa che prevedeva, agli alti livelli, l'uso di "pratiche psicurgiche" mentre ai sommi livelli, l'uso di "pratiche teurgiche".
Al popolo, escluso da queste elavatissime epserienze misteriche, non venne mai comunicata, neppure a puro titolo informativo, l'esistenza delle arcane scienze dello spirito, alcune delle quali, fin dall'Antico Regno, erano ad esclusivo uso del Faraone, o della ristretta cerchia della corte faraonica, come limbalsamazione e la sepoltura in tombe sontuose che si diffusero anche negli altri strati sociali della popolazione.
A partire dal Nuovo regno una ulteriore e significativa caratteristica della religione egiziana consisteva nella unicità e singolarità dell'intero sistema teologico confermata anche da moltissimi studiosi che, a seguito di complicati raffronti con le religioni praticate da popoli limitrofi alla valle del Nilo, non ravvisarono somiglianze tra queste e la religione degli antichi egizi. Nel panorama delle antiche religioni praticate dai popoli del mediterraneo, anche di quelle dell'Africa nera, non esistono possibilità di rapporti immediatamente riscontrabili. Conseguentemente, molto poco si può dire sulle origini della religione egiziana che, non essendovi testimonianze certe, si perdono nella notte dei tempi rendendo tutti i tentativi inutili forzature.
ORIGINI E PROTOSTORIA DEL CULTO
Dai pochi ritrovamenti archeologici certi, risulta che nella valle del Nilo, già a partire dal 10.000 a.C., cominciò ad affermarsi un culto molto ricco di contenuti morali che, in breve tempo, si affermò sugli altri culti locali preesistenti, sostituendosi ad essi gradualmente ma definitivamente. Dall'8000 al 7000 a.C., secondo alcuni egittologi, si affermarono i culti di divinità solari tra cui, sembra, primeggiasse un culto dedicato al dio Aton.
Da pitture e incisioni rupestri che si possono ancora oggi vedere lungo la valle del Nilo, unitamente a ritrovamenti di cuspidi di silice e di altri manufatti grezzi, si rileva che già da 4000-5000 anni circa, prima dell'era cristiana, esistevano lungo la valle del Nilo dei cacciatori nomadi che praticavano "nuovi", si fa per dire, culti solari. In particolare ci riferiamo alle testimonianze archeologiche ritrovate sia nel Basso che nell'Alto Egitto. Infatti risulta credibile che in questo periodo il culto fosse fortemente condizionato anche da una influenza religiosa e culturale centro-africana. Con il passare lento dei secoli, nel 3300/3150 a. C. circa, l'influenza africana divenne sempre più debole e si rafforzò, invece, una singolare e più sofisticata religione di una popolazione installatasi, nell'arco di poche centinaia di anni, nel basso Egitto e proveniente, molto probabilmente, dal mare mediterraneo. Da questo periodo in poi, come già accennato, si originò una civiltà con una propria religione che, nella rappresentazione delle divinità l'utilizzava immagini zoomorfe.
In seguito, dal 3000 al 2600 a. C., si sviluppò un sistema teologico ancora più complesso che utilizzava, nella raffigurazione dei principi della manifestazione divina, un sistema iconico in cui si fondevano, in moltissimi casi, le rappresentazioni antropomorfe dei principi teologici con immagini zoomorfe, dando origine così a raffigurazioni di esseri con il corpo umano e con la testa di un animale (zoocefale). Forse, questo curioso e fantastico sistema di immagini sacre fu escogitato dai teologi proprio per evitare che l'uomo immaginasse la divinità troppo simile a sé costringendo i fedeli, per mezzo di quelle forme assurde a pensare che la somiglianza tra l'uomo e il divino doveva essere riferita più alla "sostanza" che alla "forma". I teologi, volendo rappresentare simbolicamente le varie fasi delle divine cosmogonie, scelsero molteplici immagini di animali come: il falco, l'ariete, la vacca, il toro, l'ibis, il coccodrillo, il cinocefalo, l'ippopotamo, il serpente in genere, il cobra femmina, lo scarabeo, lo scorpione, il leopardo, il cane del deserto, lo sciacallo, il leone, la leonessa, il gatto, l'avvoltoio.
LA FORMAZIONE DELLE SCUOLE TEOLOGICHE
La religione egiziana, complessivamente, fu rappresentata da 4 grandi scuole teologiche che, in circa 3350 anni (dal 2900 al 450 d.C.), codificarono e trasmisero alle civiltà posteriori un corpus dottrinale composto da:
- pratiche cultuali molto complesse che potremmo definire, senza il timore di sbagliare, liturgie canoniche, molte delle quali ancora oggi vengono praticate, con opportuni adattamenti nei culti praticati dalle tre religioni abramiche;
- immagini e segni simbolici utilizzati nelle tre diverse modalità di scrittura (geroglifica, ieratica e demotica);
- simbolismo del potere regale e sacerdotale esercitato dai faraoni;
- rappresentazioni simboliche e teologiche delle varie divinità;
- canoni liturgici, praticati nei più grandi templi dislocati lungo la valle del Nilo.