Si può  chiamare alchimia, l’arte della trasmutazione dell’anima: l’immagine della  trasmutazione  dei metalli vili in  metalli nobili evoca l’immagine del processo interiore sopra detto. Questo non  nega che gli alchimisti abbiano praticato dei procedimenti metallurgici nel  campo pratico, ma tali procedimenti non  erano  che dei supporti esteriori e simbolici che si riferivano al processo interiore  delle trasmutazioni dell’anima. Infatti, la differenza tra l’alchimia e le  altre scienze sacre risiede nel fatto che l’alchimia non si manifesta solo su  un piano esteriore ma su un piano interiore: la trasmutazione del piombo in oro  è simbolo del cambiamento interno dell’anima. Il piombo rappresenta lo stato caotico  dell’anima mentre l’oro rappresenta la luce solidificata ed esprime la  perfezione metallica e quella umana. L’oro rappresenta alchemicamente il vero  fine della natura metallica: gli altri metalli non sono che tappe intermedie  preparatorie a questo scopo; l’oro possiede un armonioso equilibrio di tutte le  proprietà metalliche e perciò possiede anche l’eternità. Ciò nonostante gli  alchimisti non hanno avuto come fine ultimo quello di fabbricare l’oro a  partire dai metalli ordinari: desideravano invece ottenere  l’oro interiore  ovvero realizzare la grande opera:  l’elevazione spirituale.
                 L’alchimia è in grado di  condurre l’uomo a una conoscenza del proprio essere eterno e può essere  comparata all’ascesi mistica. L’adozione d’espressioni alchemiche da parte di  mistici cristiani e musulmani ne è una prova, si considerino anche i simboli  alchemici quali il ritorno verso il proprio centro o quello che le due  religioni monoteiste chiamano paradiso terrestre. Tuttavia, il fine della via  mistica è l’unione con Dio mentre l’alchimia non parla di questo, ma la connessione con la via  mistica è il fine di recuperare la nobiltà originale della natura umana: la  trasmutazione del piombo in oro non è altro che il simbolo di questa  reintegrazione . Tuttavia come le qualità dell’oro non possono essere ottenute  da una semplice somma di proprietà metalliche quali massa, durezza, colore,  così la perfezione adamitica non è solamente un assemblaggio di virtù. Tale  perfezione è anche inimitabile come l’oro e l’uomo che la realizza non può  essere comparato agli altri: il suo essere è pienamente svegliato e unito al  suo principio d’origine. 
                  L’alchimia, che certi  hanno voluto definire come un misticismo  senza Dio,pur differenziandosi dall’universo teologico è una branca  operativa dell’ermetismo  tutta centrata nella credenza dell’esistenza  di Dio  . Tuttavia non è né teologia né  morale: considera le forze psichiche  da  un punto di vista cosmologico e tratta l’anima come sostanza da purificare, non  consiste nel semplice pragmatismo spirituale: la sua natura spirituale, in  senso contemplativo si rivela nel simbolismo che stabilisce un’ analogia tra il  regno minerale e quello dell’anima , ma tale visione non può essere percepita  che da una visione qualitativa delle cose materiali , visione d’interiorità in  un certo senso che cerca nello stesso tempo la realtà psichica  in maniera tangibile, oggettiva e concreta.  In altri termini la cosmologia alchemica è essenzialmente una dottrina  dell’essere, una ontologia. I simboli metallurgici non sono semplici formule,  una descrizione approssimativa del processo interiore; come tutti i simboli  veri sono una specie di rivelazione. Per la maniera impersonale con la quale  considera il mondo e l’anima si trova in rapporto più diretto con la voce  conoscenza che con la voce amore. 
                 Gnosi va qui intesa non nel  senso eretico ma nel vero senso del termine esaminando l’animo legato all’io.  L’alchimia si nasconde sotto degli enigmi: l’arte reale come viene anche chiamata,  presuppone in chi vi si avvicina una intelligenza fuori dell’ordinario, una  certa disposizione d’animo da parte di chi vuole conoscerla, e senza questi presupposti  può essere pericolosa.
                 È impossibile esporre per sole  parole il senso dei simboli contenenti la chiave del segreto profondo  dell’alchimia. Quello che si può spiegare in larga misura è la dottrina  cosmologica su cui si fonda.  Allo stesso  modo, anche se è possibile  interpretare  la totalità dell’opera ermetica, resterà sempre qualcosa di non scritto che è  indispensabile per il compimento dell’opera : infatti come tutte le arti sacre  l’alchimia dipende dall’iniziazione : l’autorizzazione a compiere l’opera deve  essere ottenuta da un maestro.
                 La visione ermetica delle cose  si fonda sull’analogia tra l’universo, macrocosmo,  l’uomo, microcosmo, analogia di cui la chiave  di volta è lo spirito o intelletto universale emanazione dell’uno assoluto.
                 L’universo e l’uomo si  riflettono l’un l’altro, tutto quello si trova nell’uno deve anche ritrovarsi  nell’altro. Poiché l’uomo rappresenta nell’ordine terrestre il supporto più  perfetto dello spirito universale, si può considerarlo come le sintesi di  questo essere macroscopico: in questo senso si può dire l’universo è un grande  uomo e l’uomo un universo in piccolo. Si comprende che l’intelletto universale trascende  le facoltà psichiche e mentali.  
                 La  conoscenza del mondo attraverso la nostra struttura legata ai sensi è comunque  frammentaria non riuscendo ad elevarsi al di sopra del binomio oggetto  soggetto. La dottrina ermetica alchemica sostiene che l’elevazione della mente  a l’intelletto universale che contiene tutte le possibilità d’oggettivazione interiore  ed esteriore trascendendo le facoltà psichiche e mentali, permette di andare  oltre le proprie normali conoscenze.
                 La  dottrina dell’unità trascendente dell’intelletto è contenuta nel Vangelo di San  Giovanni, dove si afferma che le rivelazioni delle scritture hanno carattere trascendente   ed esoterico e sono le premesse e non  l’oggetto della logica. La natura universale dello spirito fa in modo che esso  sia presente in ciascuna creatura, l‘intelletto poiché polo cognitivo  dell’esistenza universale non essendo l’oggetto di alcuna esperienza, ma la  premessa e il fondamento di tutte le esperienze possibili determinano  l’assimilazione interna delle esperienze del mondo. Secondo la scienza moderna  le verità non sono che descrizioni schematiche delle apparenze, delle  estrazioni utili ma provvisorie, mentre tutto ciò che appare nel mondo del condizionato  ha il suo modello o archetipo  nell’intelletto  universale. Solamente dal’unione dell’anima con lo spirito o ancora nel suo ritorno  all’unità indivisa dello spirito può prodursi nella coscienza umana una suprema  rivelazione delle possibilità stesse   contenute  nell’intelletto.
               Una cosa o un pensiero è simbolo  nella misura in cui riflette, su un piano psichico o fisico, il suo archetipo o  essenza immutabile. Il pensiero astratto fa notare meglio la distanza che  separa il simbolo dal suo archetipo , l’immaginazione è più adatta a riflettere  quest’ultimo perché l’immagine è più complessa di una nozione astratta e offre  più possibilità d’interpretazione, si appoggia sulla corrispondenza inversa che  esiste tra dominio spirituale e quello del corpo, in maniera conforme alla  legge secondo la quale ciò che è in basso rassomiglia a ciò che è in alto come  afferma la tavola smeraldina. 
               I metalli vili, dicono gli  alchimisti, non possono essere trasmutati in argento o in oro senza prima di  essere ridotti alla materia prima. Se si considera che i metalli vili  corrispondano alle imperfezioni dell’anima, la materia prima alla quale deve  essere ridotti non è altro che la loro sostanza primitiva, materia prima, dove  tutto è possibile. Allo stesso modo l’anima dopo essersi liberata dai suoi  limiti può divenire sostanza malleabile sulla quale lo spirito o l’intelletto imprimono  una nuova forma di cui i metalli nobili sono simbolo. 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   
                 
                 
                LA PHILOSOPHIA PERENNIS, “PURA METAFISICA” 
  delle  antiche Tradizioni e la sua concordanza
 
  con la fisica quantistica, 
                  nuova  visione olistica.
                (Fabrizio Bartoli) 
                PREMESSA
                        
                  Sappiamo che formare “UOMINI UNIVERSALI” è sempre più  importante per tutta l’umanità, uomini che abbiano imparato a vedere le cose  del mondo con una apertura mentale integrale, olistica e globale. Per risolvere  i problemi complessi che ci troviamo di fronte non sono sufficienti i vecchi  metodi, diventa sempre più necessario avere “Fratelli super partes”, che abbiano maturato la convinzione  profonda di “LAVORARE PER IL BENE  DELL’UMANITA’ ”, liberi dai condizionamenti dei sensi e delle passioni,  cioè di “veri MASSONI”, che però hanno messo in pratica il lavoro  interiore dell’Iniziato, di elevazione verso “La LUCE”, il “Sommo Bene”  avrebbe detto Platone. 
                  La nostra  istituzione muratoria è già predisposta, per compiere questo lavoro di formazione di “uomini universali”; nei nostri rituali, vi sono continui  riferimenti a filosofie e Tradizioni antiche che ci richiamano alla visione “METAFISICA” (spirituale), della “PHILOSOPHIA PERENNIS”, altrimenti detta con  linguaggio moderno “VISIONE  OLISTICA”.
                  Sappiamo che  nel grado di Apprendista prevale il  lavoro della squadra: l’apprendimento passivo, il lavoro di rettificazione, nel  grado di Compagno lo spirito e la  materia si intrecciano devono raggiungere un equilibrio, nel grado di Maestro deve prevalere il lavoro spirituale che prosegue  naturalmente nell’ambito dei Riti. 
                  Il Compasso,  strumento con il quale si realizza il cerchio, è simbolo quindi di “apertura verso le cose del cielo”, le cose  sottili, spirituali oggetto della metafisica (oltre le cose fisiche,  materiali) e quindi della religione.
                  L’espressione  a noi nota del rituale di 3° Grado “il  compasso è finalmente sovrapposto alla squadra”, vuole significare che si è  “finalmente” raggiunta la condizione  in cui il pensiero “dovrebbe” prevalere sull’azione, il dominio della spiritualità sulla brutalità della materia, dove il  superamento delle passioni e degli istinti fanno predominare la saggezza.
                  Si tratta  quindi di integrare, aggiungere “punti di vista”, “visioni” più allargate, più omnicomprensive; acquisire quella  condizione di coscienza che ci permette di andare “oltre”, in modo tale che il “vedere-conoscere” diventi più  completo, più universale, più olistico.
                  Ciò che  risulta ora veramente sorprendente ed affascinante, è che questa visione  “antica” degli insegnamenti tradizionali iniziatici è “perfettamente coincidente” con la nuova visione scientifica della  fisica quantistica. Questa concordanza  tra l’antico insegnamento iniziatico (filosofia e religione vera) e la scienza  può determinare un vero e proprio salto in avanti dell’intera umanità. I  cultori dell’esoterismo iniziatico non saranno più “etichettati” come utopisti,  sognatori, pazzoidi eccentrici, perché la scienza ora concorda con questi  insegnamenti. Approfondendo questi legami tra scienza, filosofia metafisica e  quindi vera religione, otterremo il doppio risultato di rafforzare le nostre  convinzioni: che la via intrapresa di “…percorrere incessantemente il cammino  iniziatico tradizionale…” è quella giusta, anche perché ora suffragata  dalla scienza; ed inoltre, diffondendo nel modo opportuno questi insegnamenti  all’esterno, avremo la sicura approvazione e coinvolgimento di tanti uomini  “liberi”, che magari diffidavano dei nostri insegnamenti esoterici, fino ad ora  poco accettati dalla scienza.
                 
                 
                LA METAFISICA , VERA RELIGIONE e FILOSOFIA PRIMA
                (Fabrizio Bartoli) 
                Nella concezione platonica abbiamo che  l’amore principale verso la conoscenza del principio primo, chiamato  “Sommo  Bene”, è la prima causa da cui tutto deriva, equiparabile al concetto  religioso di Dio. Questo è l’oggetto della Metafisica o filosofia dell’Essere,  cioè di “ciò che è e non diviene” (avrebbe detto Parmenide).
                    La Metafisica, così definita da  Andronico (I sec. d.C.) designando i libri di Aristotele  ‘successivi a quelli di fisica’, posti cioè  al di là della fisica (metà tà physikà),  è anche definita dallo stesso Aristotele la “filosofia prima”, ed è “prima” perché tratta dei principi da  cui tutte le altre scienze discendono. Nell’opera di Aristotele, “la  metafisica”, la “filosofia prima” viene vista come la scienza  dell’essere più alto e perfetto dal quale tutti gli altri esseri dipendono e si  collega con la concezione di una scienza che studia i caratteri fondamentali  dell’essere in quanto essere (ontologia).
                  Guénon spiega,  riferendosi al significato etimologico della parola:
  «"metafisica" significa  letteralmente "di là della fisica", intendendo "fisica"  nell'accezione che tale termine aveva sempre avuto per gli antichi, accezione  che è quella di "scienza della natura" in tutta la sua generalità. La  fisica è lo studio di tutto quel che appartiene all'ambito della natura; ciò  che riguarda la metafisica è quel che è al di là della natura».
                Questa Filosofia Prima, Pura, è quella che  può essere definita Tradizionale, Filosofia  dell’Essere, e non ha niente a che  fare con la comune filosofia moderna, che nasce dalla concettualizzazione  individuale. Essa non ha paternità umana perché rappresenta quella Philosophia perennis che riceve  ispirazione dal Principio stesso. Si tratta di Filosofia realizzativa o Metafisica  realizzativa, va direttamente sperimentata e non memorizzata.
                    La Filosofia dell'Essere è teoria e prassi, Verità e disciplina; Verità metafisica  perché trascende il naturato (ciò che fa parte della natura), prassi, perché  mira alla realizzazione effettiva di tale verità.
                  Si parla di Filosofia tradizionale, o di  Metafisica realizzativa, perché essa riguarda la pura essenza delle cose, la  pura costante, il puro Essere. Ora la filosofia dell'Essere riconduce tutto il  movimento ad un punto centrale immobile o costante che è la Realtà ultima ed assoluta.
                  Ciò che il cantante e filosofo Battiato ha  definito in una sua canzone: “ … centro di gravità permanente, che non ci  fa cambiare idea sulle cose e sulla gente …”.
                  Se la scienza “classica” si interessa del  relativo e del movimento, la metafisica s'interessa della Costante, del Punto  immobile.
                  La Filosofia della non-dualità si  pone in cima alla piramide delle dottrine filosofiche perché riconosce  l'Uno-senza-secondo, come la costante assoluta micro e macrocosmica,  universale, scavalcando così ogni possibile dualità o polarità.
  La via  iniziatica implica la   Realizzazione ed è importante  capire ciò che si vuole intendere con  determinate parole. Il linguaggio spesso divide, anziché unire. Lungo il tempo  certe cose sono viste da angolazioni diverse, da posizioni coscienziali  difformi, a volte opposte, si tenga presente che gli individui si trovano a  diversi gradi di "risveglio",  quindi non possono non parlare lingue che sono inerenti al loro grado  coscienziale.
                  La Filosofia dell'Essere,  Filosofia perenne, è anche sperimentazione diretta della verità, diremo che si  parla di "oscuramento"  della Verità metafisica, perché quelli che ad essa si sono accostati, e ancora  si accostano, invece di viverla, si dilettano semplicemente a discuterne. Molti  essendo arrivati solo allo sviluppo mentale empirico, pensano esclusivamente a  scrivere, a fare saggi discorsivi, ad essere recensori, eruditi, seguendo la  linea di minor resistenza.
  La Verità metafisica va incarnata, ciò vuol dire che Essa deve  discendere e farsi, appunto, carne. Se non si attua questa discesa,  l'individualità non viene trasfigurata. 
                  La sperimentazione consiste appunto in questo  processo di discesa, assorbimento e assimilazione coscienziale fino ad essere tutt'uno con la Verità. 
                Anche per Guénon, la metafisica, : «…  è la conoscenza dei principi universali …(ma) non lasciandosi rinchiudere in nessuna  formula o in nessun sistema … è conoscenza  sovrarazionale, intuitiva e immediata». Il suo strumento, «l'intuizione  intellettuale pura», non va confuso con l'intuizione sensibile  essendo «l'una (intuizione intellettuale)… di  là dalla ragione, ma l'altra … al  di qua». L'intelletto trascendente non appartiene più all'ordine  delle facoltà individuali, «poiché  non può rientrare nelle possibilità dell'individuo …. l'uscire dalle condizioni che lo  definiscono in quanto individuo», e non è in quanto uomo che l'uomo  può giungere alla conoscenza metafisica, ma solo «in quanto quest'essere,  che è umano in uno dei suoi stati, è nello stesso  tempo qualcosa d'altro e qualcosa di più di un essere umano».  La «presa  di coscienza degli stati sovraindividuali», è quindi «l'oggetto  reale della metafisica», in essa l'individuo appare solo come «una manifestazione transitoria e  contingente dell'essere vero», uno «stato particolare di una moltitudine indefinita di altri  stati dello stesso essere», ove l'essere è «assolutamente indipendente da tutte le  sue manifestazioni», come «il  sole è assolutamente indipendente dalle immagini molteplici nelle quali si  riflette».
                  Ecco delinearsi «la distinzione fondamentale tra il "Sé" e  l'"io", tra la personalità e l'individualità», collegate  fra loro dall'intelletto trascendente «come  le immagini sono ricollegate dai raggi luminosi alla fonte solare».  La complessa teoria degli stati molteplici dell'essere, è vero punto nodale  della metafisica guenoniana e leitmotiv della sua opera, 
                La filosofia dell’Essere, la pura Metafisica  o Filosofia Perenne, non è né contro il materialismo, né contro l’idealismo  spirituale. Essa considera entrambi come aspetti della Realtà totale che è  appunto l’Essere (ciò che è). I due punti di vista sono momenti dialettici del  Reale assoluto. Per la filosofia dell’essere il soggetto e l’oggetto, lo  spirituale e il materiale, il noumeno e il fenomeno e tutti i possibili  dualismi non sono altro che momenti dialettici operanti a livelli coscienziali  diversi ma non contrapposti. Per la Filosofia dell’Essere la verità non sta né a  sinistra, né a destra, né al centro.
                  Questa Metafisica pura (Philosophia perennis) non è né occidentale, né orientale anche se possiamo ritrovarla ovunque negli  insegnamenti Tradizionali. ,ed è  perfettamente in linea con la nuova visione “olistica” scientifica di unità  nell’apparente diversità.
                  Uno dei principali  insegnamenti antichi della visione Metafisica è sicuramente l'Advaita Vedânta, facente parte del  Vedânta (compimento dei Veda), filosofia della Non-Dualità, solitamente  considerato il vertice della spiritualità Indù, poiché per la sua universalità  non intende contrapporsi alle altre correnti ortodosse (darshana, cioè punti di  vista), ma le "comprende" e le rispiega a partire da un angolo  visuale più ampio.
  Il Platonismo è l'espressione più completa della  Metafisica nell'Occidente tradizionale, e come tale ha permeato per molti  secoli la civiltà greco-latina, più tardi influenzando anche i settori della  Cristianità meno fideistici (gnostici) e più sensibili a valide istanze  realizzative. Il suo influsso nel Sufismo è stato ancor più considerevole, non a  caso in tali ambienti Platone viene  onorato quale "imam della sapienza".
                  Platone va alla ricerca della “vera causa”  delle cose, e presenta tale ricerca metafisica, nelle pagine centrali del Fedone, come la sua seconda navigazione.
  “Vuoi che ti esponga, Cebete, la seconda  navigazione (deuteros plous) che intrapresi per andare alla ricerca di  questa causa (la vera causa delle cose) ?“. (Fedone 99, C-D)
                Queste pagine costituiscono la Magna Carta della metafisica occidentale, in  quanto in esse viene presentata la prima  dimostrazione dell’esistenza di un essere metempirico, soprasensibile e  trascendente. Già nei Presocratici … è presente la tematica  metafisica, in modo particolare in Parmenide.
                  La seconda navigazione  rappresenta il punto chiave del tragitto ideale che l’uomo deve compiere quando  cerca la verità, e che Platone rappresenta mediante la narrazione di un lungo  viaggio intrapreso e concluso da Socrate, e da lui narrato nel giorno della sua  morte.  Questo iter .. rappresenta il  viaggio che il Vero Filosofo in  quanto tale deve percorrere.
                  La seconda navigazione, come le fonti antiche  ci riferiscono è “quella che uno  intraprende quando, rimasto senza  venti, naviga con i remi ….soffrendo tutte le fatiche e i pericoli che ne  conseguono”.
                Advaita Vedânta e  Platonismo sono per lo più accostati ai nomi di Shankara e Platone, quasi come  se essi fossero gli escogitatori di tali dottrine; in realtà, tali dottrine  sono radicate in tradizioni preesistenti, ed essi furono semplicemente  importanti interpreti o codificatori di esse, al pari dei Saggi delle Upanishad, di Gaudapâda,  dei successori di Shankara, al pari dellìOrfismo, di Licurgo, di Pitagora, di  Plutarco, di Porfirio, di Giuliano Imperatore, ecc.
                    Advaita Vedânta e Platonismo rappresentano le  massime espressioni, a noi pervenute, della Sophia Perennis, e presentano  straordinarie notevoli convergenze pur espresse con formulazioni diverse.  Dobbiamo tener conto che Shamkara è vissuto nel 700 dopo Cristo in India,  mentre Platone è vissuto in Grecia 1000 anni prima, siamo quindi in differenti  paesi e culture e tempo cronologico. Nonostante ciò i punti di contatto sono  davvero sorprendenti, a testimonianza che  l’insegnamento della Filosofia  Perenne non ha età, ed inoltre questa   metafisica è sicuramente il riferimento per tutte le religioni.  La stessa visione la ritroviamo ora nella “scienza olistica” ed in particolare  nella fisica quantistica.
                 LA CRISI DEL DETERMINISMO della FISICA CLASSICA e  l’avvento della fisica quantistica
                La scienza,  mettendo in crisi i principi della fisica classica con l’avvento della fisica  quantistica, già da tempo ha dovuto accettare la fine del determinismo e del  dualismo, avvicinandosi in modo sorprendente alla metafisica tradizionale,  percorriamone brevemente le tappe.
                  All’inizio del  1900, la scienza credeva di aver quasi raggiunto il termine della ricerca della  Realtà; ogni fenomeno dell’universo fisico era stato accuratamente descritto  secondo la rigida formula deterministica di causa ed effetto. 
                  Ogni fenomeno della  natura poteva essere ridotto a piccole porzioni di materia rigidamente  descrivibili secondo la meccanica di Newton (meccanica classica).
                  Esistevano, però,  due importanti fenomeni che non potevano in alcun modo essere spiegati con le  leggi della meccanica classica. 
                  Uno era l’effetto  fotoelettrico; l’altro (l’irradiazione del corpo nero) fu chiamato  ironicamente “la catastrofe ultravioletta”. Fu senz’altro una  catastrofe, perché segnò la prima profonda incrinatura nella struttura  concettuale del dualismo scientifico.
                  Il problema  riguardava l’irradiazione di energia da alcuni corpi termici: i dati  sperimentali non coincidevano in alcun modo con le correnti teorie della  fisica. 
                  Esso fu risolto  dall’intelligenza di Max Planck, che in un vero e proprio lampo di genio  suggerì l’ipotesi che l’energia non fosse continua come sempre si era creduto,  ma che si propagasse in quantità discrete o quanti; fu un  colpo mortale per il dualismo scientifico. 
  Albert Einstein utilizzò con  successo la teoria di Planck nello studio delle reazioni fotoelettriche (il  secondo fenomeno che non obbediva alle leggi della fisica classica), mentre Niels  Bohr la applicò alla fisica subatomica. 
  Louis de Broglie, mettendo a frutto  gli sviluppi di queste ricerche, dimostrò che non solo l’energia, ma anche la  materia produce onde; ciò condusse Edwin Schroedinger a formulare la sua  monumentale meccanica quantistica. Tutto nel breve spazio di appena una  generazione (prima della seconda guerra mondiale).
                  Queste incredibili scoperte culminarono  nell’inevitabile, quanto devastante conclusione: il Principio di  Indeterminazione di Heisenberg, le cui conseguenze furono, e sono ancora,  incalcolabili.  Questo principio(1927), relativo al campo della "meccanica quantistica", dice che  maggiore è la precisione della misura della velocità di un elettrone, minore  sarà la precisione della misura della sua posizione, e viceversa ; questo  perché, misurando la velocità, si modifica la traiettoria della particella, e  quindi la sua posizione e viceversa. Lo scienziato è obbligato a scegliere  quale misura effettuare con precisione, a scapito dell’altra. 
                  La misurazione non è, dunque, un processo  neutrale, ma incide sui risultati a cui mira ; vi è un’interazione tra osservatore ("scienziato") e sistema osservato ("realtà  fisica") e, perciò, non si può più considerare il mondo esterno  come indipendente dall’individuo che lo esplora.
                  L’indagine di tipo dualistico si spinse  coerentemente fino al mondo della fisica subatomica, all’interno del quale, si  cercarono di definire e misurare con esattezza “particelle” come gli elettroni.  Questi avrebbero dovuto plausibilmente rivelarsi gli ultimi, irriducibili  elementi di cui era composta la natura.
                  Ma qui sorse un “insormontabile” problema. Misurare qualunque  cosa richiede l’uso di strumenti, ma l’elettrone ha un peso così piccolo che  qualunque strumento, anche “leggero” come un fotone, otteneva il  risultato di fargli cambiar posto proprio nel momento in cui si tentava di  misurarlo! 
                Non si trattava di un problema tecnico, ma della  trama stessa in cui era tessuto l’universo. I fisici avevano raggiunto  il punto limite, e le premesse che li avevano condotti fin lì  (“l’osservatore è un’entità separata; è possibile interagire con l’universo  senza per questo modificarlo”) divennero insostenibili. 
                Fu quindi introdotto il concetto di “Campo” d’energia; e mentre considerando  la materia in modo meccanico (due palle che si scontrano) posso stabilire con  certezza il fenomeno (determinismo), se considero la materia come una forma di  energia concentrata, in continua interazione con altra materia-energia debbo  studiare il tutto, l’insieme, il “Campo”.  Il determinismo della fisica classica entra in crisi e i fenomeni che accadono vanno visti in interazione tra loro, anche con l’osservatore. Dovrebbe  nascere quindi un nuovo approccio anche filosofico alla visione del mondo e dei  fenomeni che vi accadono, ma purtroppo, anche se sono trascorsi più di 80 anni  da queste scoperte scientifiche, ciò ancora non accade. 
                Soggetto e oggetto si rivelarono profondamente  interdipendenti, e tutte le teorie che avevano presupposto qualcosa di  diverso necessariamente crollarono. 
                    Haldane mormorò: “L’universo è non solo  più strano di quanto supponiamo, ma anche di quanto siamo in grado di supporre.”  L’impossibilità di definire con esattezza le “realtà ultime”  dell’universo venne matematicamente provata con il Principio di  Indeterminazione di Heisenberg, e segnò la fine dell’approccio classico ed  esclusivamente dualistico alla realtà. 
                  Il matematico Whitehead dichiaro:
  Il progresso scientifico ha raggiunto  il punto di svolta. Le solide fondamenta della fisica sono crollate. I vecchi  principi del pensiero scientifico stanno diventando incomprensibili. Tempo,  spazio, materia, materiali, etere, elettricità, meccanismo, organismo, struttura,  modello, funzione: tutto dovrà essere reinterpretato. Che senso ha parlare di  spiegazione meccanica quando non si sa cosa intendere per meccanica?
  Louis de Broglie, che da parte sua  aveva svolto un ruolo importante nella “rivoluzione dei quanti”, ne descrisse  l’effetto catastrofico notando che: “il giorno in cui i quanti vennero  furtivamente introdotti, il vasto e grandioso edificio della fisica classica fu  scosso alle fondamenta. In tutta la storia del mondo intellettuale sono stati  pochi i mutamenti radicali paragonabili a questo”.
                  La rivoluzione dei quanti si rivelò  catastrofica perché, non limitandosi ad attaccare una o due conclusioni della  fisica classica, ne distrusse la pietra miliare, la base su cui si ergeva  l’intero edificio, e cioè il dualismo soggetto/oggetto. 
                  Si era supposto fino ad allora che fosse  Reale solo ciò che poteva essere misurato ed osservato oggettivamente, ma  queste cosiddette “realtà ultime”, non potevano sempre essere osservate  e misurate; si trattava, dunque, di un tipo ben strano di Realtà. 
                  Come disse Sullivan, “Non  possiamo osservare il corso della natura senza turbarlo”; o, come  scrisse Andrade, “Osservare significa interferire con ciò che si  osserva... l’osservazione disturba la realtà.”  
                  Appariva adesso ben chiaro ai fisici che misurazione  e verifica oggettiva non potevano più essere considerate prove di realtà  assoluta, perché l’oggetto misurato non era mai completamente separato dal  soggetto che lo misurava - a quel livello essi erano una cosa sola.
                  Circa nello stesso periodo in cui la “rigida  cornice” del dualismo scientifico crollava in fisica, il giovane  matematico Kurt Gödel (allora venticinquenne) stava scrivendo un  trattato che è rimasto sicuramente il più incredibile nel suo genere. Esso si  ispirava ad una logica analoga a quella del Principio di Indeterminazione di  Heisenberg. 
                  La sua parte centrale è conosciuta oggi con  il nome di “Teorema di Incompletezza di Gödel”, ed è la rigorosa  dimostrazione matematica di come qualunque sistema logico abbia almeno una premessa  che non può essere provata o verificata senza che si producano delle  contraddizioni. Così: “è impossibile stabilire la coerenza logica di un  sistema deduttivo complesso senza presupporre dei principi la cui coerenza  logica è altrettanto dubbia di quella del sistema stesso“. 
  Ogni volta che l’universo si divide in  soggetto e oggetto, in chi vede e ciò che viene visto, qualcosa deve  sfuggire.  
                  In tali condizioni l’universo elude sempre in  parte se stesso. Nessun sistema di osservazione può osservare se stesso  mentre osserva. Chi vede non può vedere se stesso nell’atto di vedere. Ogni  occhio ha un punto cieco. Proprio per questo, alla base di ogni tentativo  dualistico di conoscenza troviamo soltanto: Indeterminazione, Incompletezza !
                  Alla base del mondo fisico, il Principio  di Indeterminazione; alla base del mondo mentale, il Teorema di  Incompletezza - lo stesso divario, lo stesso universo che elude se stesso. 
                  Con il dualismo soggetto/oggetto la scienza  era partita male, e nei primi decenni del XX sec. essa aveva ormai percorso il  proprio cammino fino ad autoannientarsi.
                  Inclusi nel dualismo epistemologico  soggetto/oggetto erano i paralleli dualismi ontologici spirito/materia e  mente/materia. Il problema dualistico ruotava intorno al tentativo di decidere  di quale sostanza fondamentale fosse costituito l’universo: si trattava forse  soltanto di atomi materiali sistemati in modo tale da fare della coscienza una  semplice illusione? La mente non era dunque che un agglomerato di materia ? Ma  che rispondere allora a chi diceva che ogni percezione della materia ha sede  nella mente di qualcuno - ciò non dimostrava forse che la materia non è  altro che un’idea ?  
                  Fin da quando Platone separò le idee  dall’esperienza, il dibattito su cosa fosse veramente reale proseguì senza una  decisa vittoria di uno dei due fronti.
  La coscienza è materia, o la materia è  coscienza ? Gli idealisti, o mentalisti, proprio non potevano accettare l’ipotesi che la  coscienza fosse poco più di un pezzo d’argilla, non diversa in fondo dalla roccia,  da un tavolo, dalla sporcizia. Erano sempre pronti a chiedere: “Qual è  l’origine della percezione della materia ?” L’ovvia risposta era che la  percezione della materia ha origine dalla coscienza, accompagnata dall’ovvia  conclusione che la materia è un semplice prodotto mentale. 
                  Ciò a sua volta era troppo per i  materialisti, che replicavano: “Dov’è allora l’origine della coscienza?” E  rispondevano: “Nei processi fisici del cervello umano”. Anche la loro  conclusione era ovvia: le idee sono prodotti materiali. 
                  Dunque a quale conclusione la scienza era  arrivata ?
                  Gli studiosi della nuova fisica quantistica  non avevano scoperto alcuna sostanza spirituale, tuttavia, e proprio qui è il  punto, avevano scoperto l’inesistenza della sostanza materiale. Come  disse uno di loro:
  Il nostro concetto di sostanza rimane  chiaro solo fino a quando non dobbiamo affrontarlo. Quando lo analizziamo esso  inizia a svanire.., la solidità delle cose è un’altra illusione... Abbiamo  inseguito la sostanza solida dal fluido all’atomo, poi dall’atomo  all’elettrone, e lì l’abbiamo persa.
  Bertrand Russell riassunse brevemente  la cosa in questi termini:
  “Il mondo può essere chiamato fisico o  mentale, o entrambe le cose o nessuna delle due, come più preferiamo; in realtà  queste parole non dicono nulla.” 
                L’abbandono del dualismo
                    La fisica quantistica aveva spinto il  dualismo mente/materia fino al punto dell’auto-annientamento, nel quale esso  era rimasto inghiottito.
                  Il fondamentale dualismo soggetto/oggetto non  era più sostenibile, e questo non per l’opinione arbitraria di un particolare  gruppo di filosofi, ma per l’autorevole conclusione raggiunta dai fisici. 
  Bronowski riassume gli aspetti essenziali della  relatività quando dice che: “La relatività deriva essenzialmente  dall’analisi filosofica, la quale afferma che non esiste la realtà e chi la  osserva, ma l’unione dei due nell ‘atto di osservare.., osservato ed  osservatore non sono separabili”.
                  Ed Erwin Schroedinger,  fondatore della meccanica quantistica, dichiara senza mezzi termini:
  “Soggetto e oggetto sono una cosa  sola. Non è possibile dire che la barriera tra loro sia stata abbattuta in  seguito alle recenti scoperte della fisica, perché tale barriera non è mai  esistita”. 
  Le conclusioni che è possibile  trarre dalle scoperte della rivoluzione quantistica sono numerose; addirittura  così numerose, che la maggior parte dei filosofi moderni utilizza il Principio  di Indeterminazione di Heisenberg e la Meccanica Quantistica  di Schroedinger per dimostrare le teorie in cui di volta in volta credono.  Prenderemo in considerazione quindi, solo la conclusione proposta da questi due  fisici. La conclusione di  Heisenberg è  chiara:
  Fin dall’inizio ci troviamo coinvolti  nella controversia tra natura ed uomo, nella quale la scienza gioca solo una  parte; la comune divisione del mondo in soggetto e oggetto, mondo interno e  mondo esterno, corpo ed anima, si rivela inadeguata e ci crea delle difficoltà. 
                  Edwin Schroedinger è completamente  d’accordo e aggiunge semplicemente: “Queste difficoltà non si possono certo  evitare, a meno che non si abbandoni il dualismo.”
  L’abbandono del dualismo era stato proprio la  principale conquista della nuova fisica. 
                  Oltre a rinunciare all’illusoria divisione  tra soggetto e oggetto, onda e particella, mente e corpo, mentale e materiale,  la nuova fisica  (con il brillante  contributo della relatività di Albert Einstein) aveva abbandonato il dualismo  spazio/tempo, energia/materia, e perfino spazio/oggetti. 
                  L’universo è fatto in modo tale che, come  commentò Niels Bohr, l’opposto di un’affermazione vera è un’affermazione falsa,  ma l’opposto di una verità profonda di solito è una verità altrettanto  profonda.
                  Come vedremo, rinunciando al fondamentale  dualismo soggetto/oggetto i fisici avevano, per principio, rinunciato a tutti i dualismi. Almeno per loro, la battaglia tra gli opposti era finita. 
                  Ricordiamo il commento di Schroedinger che  non si può abbattere la barriera tra soggetto e oggetto, perché essa non è mai  esistita. Come fronte e retro non sono che modi diversi di vedere un solo  corpo, così soggetto e oggetto, psiche e soma, energia e  materia, sono due modi diversi di avvicinarsi ad una sola realtà. Se non si  comprende questo, e si insiste a porre gli “opposti” l’uno contro l’altro  per cercare di capire quale dei due sia “veramente” reale, ci si condanna  all’eterna frustrazione di dover risolvere un problema senza capo né coda. 
                  Il biofisico L.L. Whyte spiega: “Così  la mente immatura, incapace di sfuggire alla propria pregiudiziale preferenza  verso il permanente anche quando affronta gli aspetti mutevoli dell’esperienza,  non riesce a riconoscere la forma effettiva del processo di sviluppo, ed è  condannata a dibattersi nella camicia di forza dei soliti dualismi:  soggetto/oggetto, tempo/spazio, spirito/materia, libertà/necessità, libero-arbitrio/legge.  La verità, che dev’essere una, è imprigionata nelle contraddizioni. L’uomo è  incapace di capire dove si trova, perché a partire da un mondo solo ne ha  creati due”. 
  È proprio nel dualismo di creare due mondi a  partire da uno che l’universo si divide, mutilandosi e diventando “falso  a se stesso”, come dice G. Spencer Brown. 
                  E il punto d’inizio per “creare due mondi  a partire da uno” è, sempre, l’illusione dualistica che il soggetto sia  fondamentalmente distinto dall’oggetto. Il superamento di questa illusione è  stato il risultato più importante di 300 anni di ricerca scientifica tenace e  coerente. Di fatto, l’inadeguatezza di una conoscenza di tipo dualistico poteva  essere riconosciuta soltanto ammettendo la possibilità di un altro approccio  conoscitivo alla Realtà, un approccio che non richiedesse la separazione  tra conoscitore e conosciuto, tra soggetto e oggetto. 
  Eddington si è espresso così, al riguardo: “Esistono  due tipi di conoscenza, che io chiamo conoscenza simbolica e conoscenza  intima... Le forme tradizionali di pensiero si sono sviluppate esclusivamente  intorno alla conoscenza simbolica. La conoscenza profonda non si lascia  codificare o analizzare; piuttosto, quando tentiamo di analizzarla, l’ intimità  si dilegua e viene sostituita dal simbolismo”.
                  Eddington chiama la seconda modalità di  conoscenza “intima”, perché in essa il soggetto e l’oggetto sono intimamente  uniti. Appena nasce il dualismo fra soggetto e oggetto, “l’intimità si  dilegua e viene sostituita dal simbolismo” e ci ritroviamo nel fin  troppo noto mondo della conoscenza analitica.
                  Dunque, la conoscenza simbolica è per  sua natura dualistica. Conoscenza simbolica è qui da intendersi non nel  senso esoterico-iniziatico, che invece tende a superare il dualismo, ma in senso  profano. Poiché la separazione tra soggetto e oggetto è illusoria, la  conoscenza simbolica che ne consegue è anch’essa, in un certo senso, illusoria. 
                  Seguiamo ancora Eddington: “Nel  mondo della fisica siamo spettatori di un gioco di ombre. L’ombra del mio  gomito riposa sull’ombra del tavolo, e l’ombra dell’inchiostro scorre  sull’ombra della carta... Uno dei progressi più significativi fatti di recente  consiste nell’aver compreso che la fisica ha a che fare con un mondo di ombre”.
                  Commentando questo passo, Edwin Schroedinger ha scritto: 
  “Vi prego di notare che se abbiamo fatto  dei progressi recentemente, non è certo perché il mondo della fisica sia  diventato oggi un mondo di ombre; lo è stato infatti, fin dai tempi di  Democrito e oltre, ma allora non ne eravamo consapevoli; credevamo di avere a  che fare con il mondo reale”.
                LA REALTA’ E’ PIU’ PROFONDA al di là del dualismo
                  La fisica e tutte le maggiori discipline  intellettuali d’Occidente, avendo adottato il procedimento dualistico di  conoscenza, non studiavano il mondo reale, quanto piuttosto le rappresentazioni  simbolichedi tale mondo. 
                  Questo sapere dualistico e simbolico  rappresenta al contempo la genialità e il punto cieco delle scienze e della  filosofia; esso permette di ottenere un’immagine altamente sofisticata ed  analitica del mondo, ma le immagini, anche se illuminanti e dettagliate,  restano sempre immagini. 
  Korzybski, padre della semantica moderna,  esemplifica bene questo fatto, descrivendo ciò che egli chiama rapporto “mappa/  territorio”. Il “territorio” è una porzione effettiva di mondo, mentre una  “mappa” è un sistema di annotazioni simboliche che rappresenta ed esprime vari  aspetti del territorio. Ovviamente la mappa non è il territorio:  nessuno si sognerebbe di prendersi una vacanza a Miami guardando l’atlante. 
                  Esistono, tuttavia, mappe assai più sottili,  per esempio il linguaggio che usiamo tutti i giorni; anche se non sono  particolarmente ingannevoli, come dice Schroedinger, il problema nasce  non appena ci dimentichiamo che la mappa non è il territorio, quando cioè confondiamo  i simboli della realtà con la realtà stessa. La realtà è, per così dire,  “al di là”, “oltre” gli sfuggevoli simboli, i quali, nel migliore dei casi, non  sono che riproduzioni di seconda mano. Quando l’uomo non comprende questo, si  perde nelle più aride astrazioni, e si ferma a riflettere sui simboli dei  simboli del nulla, senza mai neppure sfiorare la realtà. 
                  Il fisico Sir. James Jeans spiega: “Come  la nuova fisica ha dimostrato, tutti i sistemi precedenti, dalla meccanica  newtoniana alla vecchia teoria quantistica, hanno commesso l’errore di  scambiare l’apparenza per la realtà; hanno limitato la loro attenzione ai  muri della caverna (mito della caverna di Platone), senza rendersi conto  della realtà più profonda al di là di essa”.
                  Avvicinarsi alla “realtà più profonda” non significa altro che scoprire il territorio da cui hanno origine tutte le  nostre mappe. Proprio qui, però, risiede la difficoltà, perché si tratta non  tanto di elaborare una mappa simbolica più dettagliata, autentica o accurata  (più “scientifica”, insomma) quanto piuttosto di scoprire una via al  territorio che non richieda alcuna mappa, per lo meno  temporaneamente. 
                  La conoscenza dualistico-simbolica quindi non  è sufficiente né valida, perché ciò che si richiede è, al contrario, una  conoscenza non simbolica, non dualistica, o, come dice Eddington, una  conoscenza intima della realtà, che vada al di là dei simboli della scienza. 
                  Ricordiamo l’importantissimo risultato della  ricerca di Heisenberg, di Schroedinger e di Einstein: la struttura della  realtà è tale che soggetto e oggetto, conoscitore e conosciuto non sono  separabili. 
                  Per comprendere profondamente la realtà, è  necessaria una modalità di conoscenza che con la realtà sia compatibile, ossia  un tipo di conoscenza che non separi artificialmente il soggetto che conosce da  ciò che viene conosciuto. 
                  Schroedinger pensava proprio a questa  modalità non duale di conoscenza quando affermò che “Il mondo è dato una  sola volta. Nulla si riflette. L’originale e l’immagine allo specchio sono  identici”; e altrove quando disse: “Tutto questo (cioè la  filosofia occidentale moderna) è stato costruito accettando come punto di  partenza la tanto venerata distinzione tra soggetto e oggetto. Per quanto sia  necessario accettarla nella vita di ogni giorno, per avere un “punto di  riferimento pratico”, credo che dovremmo abbandonarla in sede filosofica.”
                  Abbiamo così a disposizione due modalità  essenziali di conoscenza. Come abbiamo visto, la scienza in generale iniziò il  proprio cammino utilizzando mappe simboliche e dualistiche, lavorando cioè  “sulle ombre”; con il progresso della fisica, tuttavia, questo genere di  sapere fu stimato insufficiente, perché prometteva la conoscenza del Reale, ma  non permetteva di raggiungerla. Questo limite fece nascere la necessità di  avvicinarsi alla seconda modalità di conoscenza, cioè quella “intima”  o non duale.
                  Si tratta di due modalità universali, che  sono state in un modo o nell’altro riconosciute in varie epoche e vari luoghi  della storia dell’umanità: dal Taoismo a William James, dal Vedanta ad Alfred North Whitehead, dallo Zen alla teologia cristiana .
                  Un   gran numero di scienziati, filosofi, psicologi e teologi … hanno tratto  una conclusione unanime e inequivocabile, che soltanto attraverso la  modalità non duale sia possibile raggiungere la “conoscenza  della Realtà”. …
                UN  UNIVERSO INDIVISIBILE UNICO TUTTO
                  La conoscenza simbolica da luogo a  numerose e diverse immagini del mondo, mentre la Conoscenza non duale (intima) e non simbolica genera una sola immagine … una sola  comprensione. …
  Esiste una sola realtà – così come  afferma la tradizione universale – che può essere descritta in più modi  utilizzando mappe simboliche diverse. Alcuni uomini nel corso della storia  hanno voluto realizzare questo punto di vista e hanno abbandonato  temporaneamente la conoscenza simbolica per sperimentare direttamente l’unica  realtà sottostante, l’unico territorio su cui si basano tutte le nostre mappe.  … 
  Invece di parlare della realtà l’hanno  sperimentata,  ed è il “contenuto” di quest’esperienza non duale ad essere universalmente  chiamato Realtà Assoluta.
                  Scrive Teilhard de Chardin:
   “…abbiamo osservato la materia …  come se ci fosse permesso prenderne un frammento e studiarlo indipendentemente  dal resto. E’ ora di capire che tale procedura non è altro che un inganno  intellettuale. Considerato nella sua realtà fisica, concreta … l’universo non  può dividere se stesso; ma, come una sorta di gigantesco “atomo”, esso forma  nella sua totalità … l’unico vero indivisibile … Più lontano e più  profondamente noi penetriamo nella materia … e più restiamo confusi  dall’interdipendenza delle sue parti. Ogni elemento del cosmo è essenzialmente  intrecciato a tutti gli altri … tutt’intorno, fin dove l’occhio può vedere, la  struttura dell’universo si mantiene compatta, per cui esiste un solo modo di  comprenderla: considerarla un indivisibile, unico tutto”. 
                  La modalità non duale di conoscenza considera  appunto l’universo “come un indivisibile, unico tutto”  senza le lacerazioni caratteristiche della modalità dualistica.
                  Il mondo reale come realtà indivisibile non  ha opposti, dunque non è qualcosa che possa essere definita o afferrata; tutti  i “simboli” hanno significato solo relativamente ai loro opposti e il mondo  reale non ne ha. Per questo è detto “Vuoto” (Shunyata) ad indicare che  tutti i pensieri e le proposizioni riguardanti la realtà sono vuote e prive di  valore. …Ma il mondo reale è il regno in cui le cose, che si suppongono  separate, sono invece inestricabilmente intessute nel “manto senza  cuciture” dell’universo. … La   REALTA’ è un manto integro non lacerato in soggetto e oggetto  né costituito da oggetti separati disposti nello spazio e nel tempo, … le  entità (presenti nell’universo) sono tutte “membra di un solo corpo”.
                  La realtà è inesprimibile, nondimeno è  sperimentabile. Ma poiché questa esperienza del mondo è offuscata dai  nostri concetti su di essa, e poiché questi concetti si basano sulla frattura  tra soggetto che conosce e concetti appresi, tutte le (vere) Tradizioni affermano  con forza che la realtà può essere sperimentata solo non dualisticamente,  senza scissione tra colui che conosce e l’oggetto della conoscenza, perché  solo in questo modo l’universo non diventa illusione.
                 
                CONCLUSIONI
                  La fisica ha sperimentato che la particella  sembra leggere il pensiero dell’osservatore, anticipando sempre la direzione  scelta da lui … così si esprime Paul Davies : “Lo strano  servilismo che obbliga ogni particella rotante ad adottare la definizione  angolare dello sperimentatore fa pensare all’esistenza di una Mente nella  materia”.
  Sembrerebbe che ogni cosa sia collegata ed  ordinata da un’intelligenza “cosmica”, a maggior ragione nelle cellule biologiche  ed in tutto ciò che nasce spontaneamente nella natura sembra esservi  un’impronta divina, “universale”. 
                  Giustamente Heisemberg afferma: “La  coscienza umana è interconnessa con tutte le strutture dell’esistente, noi non  osserviamo il mondo fisico, ma piuttosto vi partecipiamo. I nostri sensi non  sono separati da ciò che esiste. Lo spirito e il mondo formano un’unica realtà,  non possiamo percepire il mondo come qualcosa a sé stante perché siamo parte di  esso”.
  Ervin Laszlo, eminente studioso  sistemista e presidente del Club di Budapest afferma:
  I fisici quantistici sanno che esistono connessioni  quasi istantanee tra le particelle che popolano lo spazio-tempo: ogni  particella che abbia mai occupato il medesimo stato quantico di un'altra  particella resta sottilmente ma efficacemente collegata a essa.
  I cosmologi hanno scoperto che l’universo  è "non locale" nella sua interezza, e manifesta correlazioni  sorprendentemente precise tra tutte le proprie costanti e dimensioni di  base.
  Biologi e biofisici hanno scoperto rapporti  altrettanto sorprendenti sia all'interno dell'organismo che tra l’organismo e  il suo ambiente.
  Le connessioni che vengono alla luce nei  recessi più profondi della ricerca sulla coscienza sono altrettanto  significative: esse testimoniano della spontanea interazione esistente tra  la coscienza di un individuo e quella degli altri.
  Le reti di connessioni che  costituiscono un cosmo coerentemente in evoluzione (attraverso l'"entanglement" (INTRECCIO) delle particelle, la connessione istantanea tra  organismi e ambienti, e tra le coscienze di esseri umani diversi e persino  lontani fra loro), suggeriscono che nell'universo vi siano non soltanto materia  ed energia, spazio e tempo.
  C'e anche un elemento che collega e  mette in relazione. Questo elemento fa parte dell'universo tanto quanto i  campi elettromagnetici, i campi gravitazionali e i campi nucleari. E’ anch'esso  un campo ansi un OLOCAMPO: un campo fondamentale tanto quanto  l’elettromagnetismo e la gravità, tanto quanto quelli dei nuclei atomici.
                  L'idea che nell'universo vi sia qualcosa che  collega e mette in relazione non è una nuova scoperta; si tratta essenzialmente  di una ri-scoperta. Sotto forma di conoscenza profonda, essa è presente in  tutte le grandi cosmologie, e in maniera più esplicita nella cosmologia indù.  Li è nota come Akasha, il più fondamentale dei cinque elementi del cosmo  - gli altri sono vata (aria), agni (fuoco), ap (acqua) e pritvi (terra).
  L'Akasha ingloba le proprietà di tutti e  cinque gli elementi; è l'utero dal quale è emersa ogni cosa e nel quale ogni  cosa infine ridiscende. Esso è scaturito nei primi momenti della Creazione,  apparendo inizialmente in forma grossolana come Sthula, ma diventando ben  presto invisibile.
                  L'Akasha contiene in sé gli altri quattro  elementi, ma è allo tempo stesso al di fuori di essi, poiché si trova fuori dal  tempo e dallo spazio. E’ il luogo di nascita di tutte le cose, Madre  universale, Matrice.
                  Nel suo classico Raja Yoga, Swami Vivekananda diede la seguente descrizione dell'Akasha:
  “Esso è l'esistenza onnipresente, che  tutto pervade. Ogni cosa che abbia forma, ogni cosa che sia il risultato  di una combinazione, si è evoluta dall'Akasha. E’ l’Akasha che diviene  l’aria, che diventa i liquidi, che si trasforma nei solidi; è l’Akasha che diventa il Sole, la Terra,  la Luna, le  stelle, le comete; ed è l’Akasha che si trasforma nel corpo umano, nei  corpi degli animali, delle piante, di ogni forma che vediamo, ogni cosa di cui  possiamo fare esperienza con i sensi, ogni cosa che esiste. Esso non può essere  percepito; è cosi sottile da essere al di là di qualsiasi percezione  ordinaria; può essere visto soltanto quando è diventato grossolano, quando  ha assunto una forma. All’inizio della creazione c'era soltanto l'Akasha. Al  termine del ciclo i solidi, i liquidi e i gas si fondono nuovamente tutti  nell'Akasha, e la creazione successiva sorge in modo simile a partire  dall'Akasha.
                  Per dissolvere le cristallizzazioni, le  maculazioni, le creazioni infere o subconscie ha molta importanza, senza  dubbio, comprendere su che livello occorre operare per poter attuare il solve e il coagula..
  L’Akasha è la quintessenza della  materia, già ipotizzata nella Tradizione alchemica, (il suo corrispondente  superiore e l’Akasha universale o Acque primordiali), e gli altri elementi  (fuoco, aria, ecc.; oppure solido, liquido, gassoso, ecc.) nascono da esso. Noi  siamo composti di metalli, di minerali, di elementi chimici che hanno origine  dall'akasha. Se teniamo presente questa considerazione dovremo capire che per  riplasmare un corpo bisogna operare o meditare a livello dell'akasha, mediante  il fuoco solare manasico.
  Questo tipo di meditazione appartiene allo Hatha  yoga che mira a rendere il corpo longevo, armonico e esente da malattie.  
                  Un centinaio di anni fa, Nikola Tesla (genio dissidente padre delle moderne tecnologie di comunicazione) diede nuova  linfa al concetto di Akasha in un contesto scientifico moderno. Egli  affermò che vi è un "veicolo originale" che riempie lo spazio, e lo  comparò all'Akasha, l'etere portatore di luce. Nel suo documento mai  pubblicato "Man's greatest achievement" [La più grande conquista dell'uomo,  1907], Tesla scrisse che questo veicolo, una sorta di campo di forza, diviene  materia quando il Prana, l'energia cosmica, agisce su di esso;  quando la sua azione cessa, la materia svanisce e ritorna all'Akasha.
                  I fisici del novecento, rifiutarono di  prendere in considerazione qualsiasi concetto di etere, veicolo o campo di  forza che riempisse lo spazio. L'intuizione di Tesla fu screditata, e cadde  quindi nell'oblio. 
                  Ma oggi viene ripresa in considerazione. David  Bohm, Harold Puthoff e un piccolo ma crescente gruppo di scienziati stanno  riscoprendo il ruolo di un campo che collegherebbe e creerebbe la coerenza  (rete): nel cosmo, nel mondo vivente, e anche nella sfera della mente e della  coscienza.
                  Questo campo coerente e soggiacente non si  trova al di fuori della natura: è il cuore stesso della natura. Esso è  il terreno da cui traggono origine tutte le cose dell'universo, e anche la loro  destinazione definitiva. 
                  Si tratta del veicolo fondamentale del cosmo.  Esso soggiace a tutte le particelle, a tutte le forze e a tutti i campi che  governano le particelle e i sistemi costruiti sulle particelle, nello spazio e  nel tempo (la Grande Madre  che abbraccia tutte le cose). 
                  La scienza non gli ha ancora dato un nome  definitivo: è chiamato anche il vuoto quantico(noto anche  come "vuoto unificato" o "nuether ") o OLOCAMPO (quinta  essenza degli alchimisti).
                La coscienza dello scienziato e l’apparecchio  di misura interagiscono con le singole particelle e così le particelle cambiano  direzione, … quindi, le nostre coscienze interagiscono con l’universo nella sua  totalità, così pure un atomo del nostro pianeta interagisce con tutti gli atomi  dell’universo. 
                    L’universo e noi siamo un’unica inscindibile  cosa. 
                    Ogni cosa è collegata attraverso una RETE, un  CAMPO invisibile, un OLOCAMPO o Vuoto quantico.
                    Dobbiamo quindi ammettere che il cosmo  è come ricolmo di informazioni e di  intelligenze.
                    Dunque tutto è collegato, principio  della “Onnipresenza”, in ogni luogo poi il Cosmo è ricolmo di  informazioni, principio della “Onniscienza” ; ed infine abbiamo il  principio della “Onnipotenza” poiché la legge armonica di interconnessione  esercita la sua potenza su ogni cosa.
                    Questa Forza, questa Energia primaria  che compone il mondo, contiene in sé i principi di Onnipotenza, Onniscienza e  Onnipotenza che trascendono il mondo sensibile.
                    Non sono forse questi gli attributi  del Grande Architetto ?
                La nuova fisica sembra proprio …  postulare un Principio Superiore   Metafisico.
                 
                "Questo mondo è in realtà  un essere vivente con una propria anima e  intelligenza". 
                  (Timeo di Platone) 
                 
                Riferimenti  bibliografici
                "LA   Filosofia dell’Essere"– di Raphael - Ed. Asram Vidya
  "Iniziazione  alla filosofia di Platone" – di Raphael - Ed.Asram Vidya
                  Periodici  Vidya - Ed.Asram Vidya 
  “Lo spettro della coscienza” di Ken Wilber –  Ed. Crisalide
  “RISACRALIZZARE IL COSMO”  di Ervin Laszlo – Ed. URЯA