| Considerazioni di carattere generale                   La Fisica ritiene che l’essere dell’Universo sia  disciplinato da un ristretto numero di parametri, dei quali siamo in grado di  conoscere il valore assoluto, ma del quale non siamo in grado di spiegare il  perché.-Questi parametri   sono le così dette “costanti” fisiche universali, ad esempio la costante  gravitazionale (G) ci indica quanto fortemente i corpi si attraggano tra di  loro, la costante di Planck (h) che determina il rapporto – costante –  tra l’energia di un fotone e la sua frequenza ondulatoria (con l’intuizione di  Planck la fisica cessa di essere statica e continua per diventare frequenza e  quindi movimento, anche se tale proprietà si accerta solo a dimensioni  infinitamente piccole), la costante di Hubble (H), che ci rivela quanto  velocemente si espande l’Universo.-
 Una particolare importanza assumono le costanti  adimensionali, quelle costanti, cioè, che non dipendono dalle unità di misura  impiegate ed  essendo dei puri numeri si ritiene debbano avere lo stesso valore in qualsiasi  punto dell'Universo.-
 Tutti conoscono il  “pi-greco”, cioè il rapporto tra una circonferenza e il suo diametro (pi-greco  è un numero trascendente e vale, come è noto, 3,14... + infinite cifre decimali  che chiaramente sono dedotte matematicamente e non come "misura" del  rapporto effettivo di una concreta circonferenza e del suo diametro!).-
 Altrettanto importante,  anche se meno nota, è la cosiddetta costante di "struttura fine",  denominata comunemente con la lettera greca "alfa". “Alfa" è una  combinazione adimensionale di tre diverse costanti: la costante di Planck, la  velocità della luce e la carica elettrica dell'elettrone) e vale 1/137 (con una  leggerissima approssimazione).-
 La costante di struttura  fine regola la "forza" delle forze elettromagnetiche e quindi in  pratica ci dice come sono fatti gli atomi, le molecole e quindi tutta la  materia che ci circonda.-
 Perchè tale costante vale  1/137? Nessuno lo sa, come nessuno sa perchè pi-greco è 3,14, eppure il valore  di tali costanti è criticamente importante, nel senso che se esse fossero anche  leggermente diverse, l'Universo sarebbe fortemente diverso da quello che  conosciamo o forse non ci sarebbe nemmeno un Universo! Ma non basta, i valori  di tali costanti (h,G, H, alfa, pi-greco...) sembrano essere stati in qualche  modo "ben accordati" in modo tale da rendere possibili fenomeni  particolarmente complessi. Ad esempio, prendendo in considerazione solo la  costante di struttura fine "alfa", se essa fosse più grande non ci  sarebbero atomi (perchè gli elettroni sarebbero 'risucchiati' dal nucleo, se  viceversa fosse più piccola gli atomi sarebbero 'legati' troppo debolmente per  sopravvivere a lungo, quindi niente evoluzione, niente vita!
 Tutto questo ha di fatto  sconcertato e preoccupato non poco i Fisici che sono notoriamente restii a  riconoscere un qualsivoglia disegno, fine o creatore per l'Universo.-
 Per fortuna esiste la Qabbalà. Uno  dei grandi vantaggi della Qabbalà è quello di riuscire a mostrare la  compatibilità tra la visione tradizionale religiosa dell’Universo e la  comprensione che di esso ha la scienza. Nessun altro sistema di pensiero arriva  a tanto. La Qabbalà, infatti, si occupa in profondità di numeri, di rapporti  simmetrici e qualitativi tra quantità numeriche, in particolare indaga i  risvolti e le implicazioni metafisiche della matematica, trovando nella Torà i  loro corrispettivi.-
 Nella scienza attuale si sta dando  una grande importanza allo stuD-o della cosmogonia, così come, da sempre, uno  dei più importanti ambiti di speculazione della Cabalà è il "maassè bereshit", cioè "l'opera  della creazione", nel quale si trattano nei dettagli le varie fasi dei  complessi processi tramite i quali l'universo e la vita sono venuti  all'esistenza.-
 In particolare, tra tutti i vari  settori della scienza, quello che si sta avvicinando a passi sempre più rapidi  alla conferma della verità di alcune affermazioni della mistica ebraica è la  fisica delle particelle sub-atomiche ed è proprio ragionando in tale ambito che  emerge con prepotenza il numero 137.-
 Leon Lederman, premio Nobel per la  fisica nel 1988 e direttore del Fermilab, il più grande acceleratore di  particelle degli Stati Uniti, ha scritto “… in mero 137 è il determinatore della frazione che individua la  "costante di struttura fine". La costante di struttura fine (costante  alfa) corrisponde al quadrato della carica dell'elettrone, diviso per la  velocità della luce e moltiplicato per la costante di Planck, in altre parole  il numero 137 (inteso scientificamente come costante fisica), contiene  l'essenza dell'elettromagnetismo, della relatività e della teoria dei quanti.-
 Il numero 137 è un numero puro e, pertanto, qualsiasi  unità di misura venga assunta per determinare la carica dell’elettrone o la  velocità della luce ed il loro interagire ai fini della individuazione di un  diverso valore della costante di Planck, si otterrebbe sempre il quoziente  137..-
 Molti fisici si sono scervellati sul  perché del valore “137”, compreso Werner Heisenberg,al quale dobbiamo il famoso  "Principio d'indeterminazione", uno dei pilastri della fisica  quantistica”.-
 Questi fisici, se avessero una  minima infarinatura di sapienza cabalistica, saprebbe che 137 è il valore  numerico della ghematrìa della parola Qabbalà.-
 La parola Qabbalà è costituita dalle  consonanti Qof-Bet-Lamed-Hey, il cui valore numerico è, nell’ordine, 100, 2, 30  et 5).-
 In termini più semplici da capire il  valore “137” rappresenta il rapporto tra la velocità della luce e quella  dell'elettrone in orbita intorno al nucleo dell'atomo d'idrogeno o, più  esattamente, esso governa il legame che c'è tra la materia e la luce.  Quest’ultima è il fenomeno che meglio rappresenta l'energia allo stato puro.  Infatti il fotone, che è il vettore dell'energia elettromagnetica, di cui la  luce è uno degli aspetti, possiede una massa eguale a zero, cioè è del tutto  immateriale mentre l'elettrone è la più stabile e comune tra tutte le  particelle leggere (leptoni) di cui è fatta la materia: abbiamo dunque due  opposti, energia e materia, indissolubilmente legati tra loro dal valore 137,  il valore, cioè, anche della parola Qabbalà, nella quale sono contenute le  chiavi per avvicinare e comprendere i fenomeni più disparati, sia quelli del  mondo sacro che quelli del mondo profano.-
 Il numero 137 è anche un numero  primo, cioè non è divisibile se non per se stesso oltre che per l'unità. Questa  categoria di numeri, qabbalisticamente, rappresenta il principio della  individualità e dell'unicità. Se lo riduciamo (procedimento proprio della  ghematrìa), cioè se sommiamo tutte le sue cifre, otteniamo 11 (1 + 3 + 7). 11 è  il numero che rappresenta la sefirà Da’at, l'undicesima, la più misteriosa.  Eppure essa svolge un ruolo essenziale nell'Albero della Vita, in quanto le  spetta il compito di unificare le tre Sefirot superiori: Keter, Chokhmà e Binà, come pure quello  di unificare queste tre Sefirot con le sette inferiori.-
 In termini umani, Da'at ha il compito di  unificare tra di loro le varie modalità di pensiero di cui è capace la mente  umana, sia nel loro aspetto intuitivo sia razionale. Inoltre, Da’at si incarica  di legare tutto ciò col sentimento.-
 Come si vede, si tratta di un ruolo  estremamente delicato ed essenziale, essa costituisce l'ultima e più importante  tappa del processo di rettificazione dell'umanità.-
 Il numero 11 rappresenta anche il  segno dell'Aquario, poiché esso è all'undicesimo posto nello Zodiaco e dato che  ci troviamo nell'età dell'Aquario, ciò significa che abbiamo ora la grande  opportunità di compiere la rettificazione, ritornando allo stato posseduto da  Adamo ed Eva nel giardino dell'Eden.-
 Se si riduce ulteriormente il numero  11, otteniamo 2 (1 + 1), il valore della Bet, la prima lettera della Torà, che  rappresenta la dualità di fondo, da cui tutto ha avuto esistenza. La Qabbalà è  l'unica via sicura ed efficace per scoprire come tale dualità non sia un abisso  insormontabile, ma sia una polarità che può essere riconciliata. La Qabbalà ci  insegna tutta una serie di tecniche e di conoscenze atte a scoprire e vivere la  corrispondenza tra gli opposti, a trasformare la loro conflittualità in  complementarità.-
 Molto interessante è anche  l’opinione di Walter Cassani, scienziato italiano, autore, tra l’altro, del  libro "Einstein aveva ragione, D-o non gioca a dadi". Walter Cassani  fa parte di un gruppo di fisici che osa porre in discussione il cosiddetto  'modello standard', che attualmente spiega la creazione come originata dal big  bang. Egli, ad esempio, egli non crede nell'esistenza dei 'buchi neri' e dà una  diversa interpretazione dello 'red shift', cioè dello spostamento verso il  rosso delle righe spettrali della luce proveniente dalle stelle più lontane. A  proposito della costante di struttura fine, Cassani sostiene che tale valore  può variare tra 136 e 138, pur se mediamente rimane 137. A tal riguardo è  interessante osservare che il numero 136 è la ghematrìa della parola  "voce", kol (Qof - Vav - Lamed) e, com'è noto, la voce si propaga tramite delle onde e il  numero 138 è la ghematrìa della parola "particella", chelek (Chet - Lamed -  Qof), che significa, appunto, "pezzettino di materia" e, nell'ebraico  moderno, individua le particelle nucleari: dunque da una parte abbiamo l'onda e  dall'altra la particella: i due aspetti fondamentali della fisica quantistica,  per cui ogni fenomeno può essere interpretato sia come un moto ondulatorio sia  come un transito di particelle.-
 E a mediare tra questi due aspetti,  simboleggiati dal numero 136 e dal numero 138, c'è il numero 137, la Qabbalà,  capace di riconciliare tutti i fenomeni della creazione!
 Aspetti particolari
 Le probabilità di un legame genetico fra l’uomo di  Neanderthal e l’uomo moderno sono molto remote, questo vuol dire che con ogni  probabilità l’uomo moderno non discende dai Neanderthal.-
 Altrettanto incerta è la parentela con i primati  superiori, come le scimmie, che hanno ventiquattro paia di cromosomi mentre gli  esseri umani ne hanno ventitré. Se osserviamo più da vicino il cromosoma umano  “2” notiamo che esso “corrisponde” ai cromosomi “12” et “13” dello scimpanzé,  come se questi ultimi due, in un momento imprecisato del passato, si fossero  fusi in un solo e più grande segmento di DNA.-
 La ricerca scientifica, però, ha dimostrato la  significativa improbabilità che dei processi naturali o che incroci avvenuti in  tempi remoti abbiano potuto creare una mescolanza genetica di questo genere,  anzi studi comparati della fisiologia umana con quella dei primati hanno  concluso che l’Homo sapiens appartiene ad una specie unica e distinta: l’Homo  sapiens non appartiene ad una limpida progressione lineare che lo vede  discendere da forme primitive di primati antropomorfi, ma si è sviluppato “a  fianco” dei primati primitivi attraverso una sorta di evoluzione parallela.  Giova, a tal proposito, ricordare gli ormai innumerevoli ritrovamenti di  scheletri umani coevi o, addirittura, antecedenti rispetto a quelli dei primati  dai quali l’uomo avrebbe dovuto invece discendere, tra l’altro non manca che  sostiene esattamente il contrario e cioè che ci sia stata una sorta di  involuzione per cui sarebbero le scimmie a derivare dagli uomini e non viceversa.-
 Certo, se accreditiamo la tesi per cui uomini e  primati sono da considerare coevi, dobbiamo necessariamente cercare altre  risposte alle domande sull’origine dell’uomo. Le teorie fin qui formulate e  tutte riconducibili, in buona sostanza, al creazionismo ed all’evoluzionismo,  non sono state in grado di produrre certezze assolute. Esistono anche delle  teorie intermedie, si parla di creazionismo combinato con l’evoluzione per  effetto di un qualche “elemento agente” aggiunto alla materia e capace di modificarla,  nessuno, però, riesce a dare conto di tale elemento.-
 Gli stessi scopritori del DNA ebbero a dire che se  tutti i necessari fattori si collocassero al posto giusto affinchè la vita si  origini autonomamente e casualmente, ci troveremmo in presenza di un miracolo.-
 Uno dei più importanti e misteriosi documenti biblici  recuperati negli ultimi due secoli è il “Libro di Enoch”. Il “Libro di Enoch”  inizia con il racconto del profeta mentre detta a suo figlio Matusalemme la  storia segreta della razza umana, come gli fu rivelata da un Angelo del  Signore. In particolare Enoch descrive il modo in cui alcuni angeli avevano  divulgato all’umanità i segreti della creazione prima che la nostra specie  avesse acquisito la saggezza necessaria per disporne con la dovuta cautela. Gli  viene infatti mostrato come, senza la conseguita necessaria maturità per usare  della conoscenza in modo responsabile, l’umanità faceva cattivo uso della  conoscenza stessa, addirittura Enoch indica per nome gli angeli che avevano  tanto interessatamente quanto improvvidamente rivelato agli uomini, le cui  donne intendevano concupire, i segreti della conoscenza e avevano indotto “i  figli degli uomini” nel peccato.-
 Altro testo di importanza straordinaria, anche per la  dovizia di particolari con cui descrive gli eventi che hanno determinato la  nascita del cosmo e la creazione dell’uomo, è il “Sèfer Yetziràh”, il Libro  della Creazione.-
 
 Il contenuto stupisce per la modernità, il  rigore e il gusto quasi scientifico con cui gli argomenti sono trattati.-
 La tradizione rabbinica lo attribuisce ad Abramo, il primo Patriarca. Ciò non  deve far pensare che il testo attualmente disponibile sia stato scritto proprio  da Abramo, ma piuttosto che il suo contenuto essenziale, insieme all’ordine  delle corrispondenze ivi suggerito, siano frutto di una rivelazione che Abramo  fu il primo a ricevere.-
 La sapienza e la novità della rivelazione  ricevuta da Abramo non furono solamente quelle dell’aver dato inizio ad una  nuova religione, che si sarebbe aggiunta alle tante già esistenti, ma dell’aver  fornito gli strumenti necessari a riconoscere la presenza di D-o in tutta la  creazione.-
 Nel "Libro della Formazione", Abramo  ci offre la quintessenza del sistema di corrispondenze della Qabbalà, dandoci  le chiavi necessarie a riordinare e ad unificare i vari pezzi di quel mosaico  vasto e complesso che è la realtà umana e naturale.-
 Il "Libro della Formazione" è un  concentrato di formule il cui scopo è di svelare il parallelismo dei fenomeni  spazio-temporali nella natura fisica ed umana e a mostrare le loro radici nei  mondi della pura coscienza divina: in questo modo il "Sefer  Yetzirà" esemplifica la complessità disorganizzata della realtà,  "riordinandola" in un insieme armonico, semplice e simmetrico.-
 L’intelaiatura principale di quest’insieme è  costituita da Trentadue unità fondamentali, dette i " Trentadue sentieri della sapienza". Essi sono gli  elementi essenziali di cui è composta la realtà, sia nelle sue espressioni  fisiche che in quelle metafisiche.
 Trentadue è il valore numerico della parola  “lev”, cioè “cuore”. Oltre ad affermare che la Torà è il cuore stesso della  creazione, ciò suggerisce che i Trentadue Sentieri sono il "cuore"  della realtà, cioè la sua parte più intima nella quale è contenuta la chiave  per comprendere tutto il resto. Ciò giustifica la pretesa del "Libro della  Formazione" di voler ridurre l’indiscutibile complessità della realtà  sensibile ad appena trentadue elementi fondamentali, affermazione che potrebbe  insospettire il lato critico e scientifico di ciascuno di noi. D’altra parte,  la metodologia di esemplificare la realtà oggettiva in un numero il più ridotto  possibile di elementi-primi è basilare nella stessa osservazione scientifica.  Se ne vede un esempio nella chimica, in cui tutta la varietà della materia  viene ridotta a poco più di centinaio di elementi, attraverso la cui  permutazione e combinazione si arriva poi alla complessità delle strutture  molecolari e cellulari.-
 Anticipando di duemila anni questa metodologia,  il "Sefer Yetzirà" suggerisce che lo stuD-o dei "Trentadue  Sentieri della Sapienza" è la via per spiegare la misteriosa varietà del  mondo e per riconoscere in ciò il filo unificatore della sapienza divina.-
 Inoltre, rispetto alla limitatezza del pensiero  scientifico, incapace di uscire dal campo del "sensibile" e del  "razionale", il "Libro della Formazione" offre una serie di  chiavi di corrispondenza che permette di comprendere ben più della descrizione  del piano fisico della creazione - chiamato nel testo Olam("mondo").  Infatti, esso ci guida alla comprensione di come il mondo fisico non sia altro  che l’ultima espressione di un sistema ben più complesso ed articolato, che  include i fenomeni del tempo - chiamati nel testo col termine Shanà (anno) -  come pure i fenomeni psichici, emotivi, intellettuali e spirituali dell’essere  umano - chiamati nel testo Nefesh(anima).-
 Il Sefer Yetzirà afferma che le radici  più elevate dei Trentadue Sentieri, all’interno dello stesso pensiero di D-o,  sono le Dieci Sefirot e le Ventidue lettere dell’Alfabeto ebraico, il  linguaggio essenziale con cui si esprime la Mente divina.-
 La Bibbia, nel versetto del Qoèlet 7,14 " ze leumat  ze assà ha Elohim " cioè " questo parallelo a quello fece D-o ",  aveva anticipato la scoperta della fondamentale polarità simmetrica che  è alla radice di tutti i fenomeni fisici e psichici.-
 Come è noto, lo spazio possiede tre dimensioni e  il tempo una. La "quinta" dimensione, purtroppo non ancora  ufficialmente accettata dalla scienza, è quella della consapevolezza dell’essere  vivente, colui che si trova al centro delle altre quattro coordinate tra loro.
 
                  
                      
                        | Il "Libro della Formazione" ci    descrive in modo coerente e sintetico il processo creativo operato dalla    sapienza divina nel suo dar vita ai mondi facendoci percepire la rete organizzatrice    che li tiene insieme. |  I Trentadue sentieri sono costituiti dalle dieci  Sefirot e dalle ventidue lettere dell’alfabeto ebraico. I primi grandi  cabalisti avevano interpretato le "Sefirot" come le fasi del processo  di emanazione con cui D-o ha manifestato i vari piani dell’esistenza, dai più  sottili e superiori sino a quelli più grossolani e materiali.Le "Sefirot" corrispondono alle dieci  frasi pronunciate da D-o nella storia del Bereshit, le dieci volte in cui  "D-O DISSE" ... e fu fatto: attenzione, questo vuol dire che  qualcuno dice e qualcuno fa.-
 A questa spiegazione si è in seguito aggiunta  quella che vede nelle Sefirot le "livelli di consapevolezza" presenti  in ciascuno di noi, ancorchè in modo inconsapevole e solo potenziale, cioè non  ancora realizzato.-
 Le ventidue lettere dell’Alef-Bet ebraico nel Libro  della Formazione sono chiamate “evanim”, cioè ”pietre" o “mattoni” che  D-o ha usato per costruire la "casa", cioè la creazione.
 Ogni lettera, lungi dall’essere una semplice  convenzione umana sul come rappresentare un elemento fonetico del linguaggio, è  in realtà uno degli agenti essenziali del processo creativo. Tramite la  combinazione e la permuta delle varie lettere, cioè dei vari agenti, la  Sapienza divina ha dato esistenza alla molteplicità delle forme viventi e  inanimate.
 Quando Adamo "chiamò i nomi" di  ogni essere presente nel Giardino dell’Eden, in realtà egli stava riconoscendo  e leggendo la formula presente alla radice di ciascuno di essi. Ciò gli era  possibile grazie alla "vista" spirituale di cui era dotato e che  perse  dopo la "caduta".
 Lo stuD-o del "Libro della Formazione"  ha come scopo il ricupero parziale di quella chiaroveggenza e della possibilità  di chiamare ogni essere col suo vero "nome".
 Il testo del "Sefer Yetzirà" è  estremamente conciso e concentra in poche parole tantissime informazioni, fa  quasi pensare all’indice di un libro, più che al libro stesso ed a tal  proposito una tradizione afferma che ciò che possediamo oggi sia quanto è  rimasto di un testo molto più completo, che avrebbe contenuto quattrocento  capitoli.-
 La sua concisione rende necessario fornire ampie  spiegazioni per ogni parola del testo originale.
 
 Il primo capitolo esordisce affermando che il mondo è  il prodotto di tre componenti, che il testo nomina: “sèfer”, “sephar” e  “sippur” e poi continua precisando che “con questi elementi D-o creò il Suo  Universo”.-
 Benchè i tre termini siano originati dalla medesima  radice “schin”, “pe” e “resch”, hanno un significato proprio diverso, ancorchè  logicamente collegato. Ed infatti la parola “sefer”, che letteralmente  significa “libro”, ma anche conoscenza in generale, acquista nel testo proprio  questo significato; la parola “sephar”, che usualmente acquista il significato  di “lettera” intesa come elemento componente della parola, nel testo viene  usata nel senso di “elemento” ed infine la parola “seppur”, generalmente usata  per rendere il concetto di discorso, quindi combinazione organizzata di parola,  nel testo deve essere interpretata come “combinazione organica di elementi  base”.-
 Il significato delle tre parole a questo punto è  chiaro:
 D-o ha creato il Suo Universo combinando gli elementi  secondo le formule note alla Sua sapienza.-
 
 Il libro prosegue con la descrizione della creazione  con crescenti livelli di accuratezza, dalla formazione dei primi elementi  dell’universo, rappresentati con le lettere dell’alfabeto ebraico, fino al  mondo in cui le restanti lettere formarono “tutto ciò che sia mai stato  formato”, l’universo si materializza davanti ai nostri occhi come una precisa  combinazione di queste lettere-elementi. Con un livello di dettaglio  introvabile nelle altre storie della creazione, il Sefer Yetzirah offre precise  istruzioni su come le lettere dell’alfabeto ebraico interagiscano l’una con  l’altra per comporre la materia di cui è fatto il mondo.-
 Le combinazioni possibili sono 231  e il Sefer Yetzirah le considera veri e  propri accessi alla conoscenza.-
 Esaminando più attentamente il testo ci si accorge che  esso offre molto di più di una storia di simboli e metafore. Le scoperte che  collegano le lettere dell’alfabeto ebraico con gli elementi chimici indicano  che il Sefer Yetzirah è un vero e proprio resoconto dell’atto intenzionale del  creare.-
 Il processo, delineato passo per passo, si allinea con  le scoperte scientifiche del XX secolo.-
 Ogni religione, pur nel variare di una tradizione  dall’altra, descrive la creazione dell’universo come un atto volontario e  intenzionale di D-o.-
 Fino all’avvento della biologia molecolare nel corso  del XX secolo l’idea che l’essere umano fosse composto dai più semplici  elementi reperibili in natura (dalla polvere della terra) era assolutamente  dominante ed era corroborata dai più consolidati principi ed insegnamenti  alchemici.-
 La leggenda narra che proprio ad Adamo gli angeli  comunicarono i segreti alchemici del Cielo e della Terra, segreti sofisticati,  non per nulla, in Egitto, ne era depositario e custode l’alchimista Thoth,  l’Ermete Trismegisto della civiltà greca.-
 Non è difficile avvicinare l’antica arte alchemica con  la pratica della chimica moderna, che modifica, altera o combina gli elementi  naturali per produrne degli altri, non è altrettanti facile stabile una  gerarchia tra le due, non manca, infatti, chi ritiene che il patrimonio della  conoscenza alchemica sia andato in larga parte perduto e la chimica moderna sia  ben lontana dalle possibilità che offriva l’arte dell’alchimista.-
 Lo stesso discorso vale anche per l’altra scienza  altrettanto antica, l’osservazione del cielo e degli astri che vi si trovano.-
 Alchimia e astrofisica, fin quasi ai nostri giorni, si  sono fondate sulla certezza di ciò che è visibile e, magari, tangibile, ora che  iniziamo ad esplorare i campi invisibili della fisica quantistica forse stiamo  ritornando ai livelli di comprensione che erano nella disponibilità quotidiana  dei nostri progenitori e che sono per noi oggi di così difficile comprensione.-
 Oggi la scienza sta cominciando a cercare le  connessioni fra gli elementi, visibili e invisibili, che hanno dato corpo  all’universo e a valutare il senso profondo dei rapporti che legano tra loro  tali elementi.-
 In generale l’alchimia considera il mondo costituito  da tre elementi fondamentali: il Fuoco, l’Acqua e l’Aria, considerati,  nell’ordine, elemento positivo, negativo e neutro, così come la fisica moderna  assegna i medesimi ruoli, sempre nell’ordine, al protone, all’elettrone ed al  neutrone.-
 L’elemento Terra farà la sua comparsa nel panorama  alchemico solo successivamente ed anzi gli alchimisti ritenevano che la  comprensione di come si fosse originato il quarto elemento rappresentasse la  chiave per capire la creazione, la vita e la immortalità.-
 Volendo dare per scontato che i nostri progenitori  abbiano voluto tramandarci un insegnamento, è lecito chiedersi di quale natura  questo insegnamento sia. I nostri predecessori intrigati di alchimia dicevano  semplicemente che il calore, i liquidi, l’aria e i minerali sono gli elementi  che formano il corpo umano e tutto ciò che vediamo intorno a noi oppure  sottintendevano qualcosa di molto più pregnante? Se consideriamo le differenze  di linguaggio tra la saggezza antica ed il moderno sapere appare evidente che  le chiavi di accesso alle nostre maggiori intuizioni potrebbero avere una forma  che dobbiamo ancora imparare a riconoscere.-
 E’ con questo atteggiamento mentale che dobbiamo  avvicinarci al Sefer Yetzirah, il cui testo è tutto infarcito da riferimenti di  tipo alchemico. I suoi versetti descrivono le interazioni originarie  intervenute tra gli elementi di Acqua, Aria e Fuoco, rappresentandole con le  lettere dell’alfabeto ebraico. E non poteva che essere così, visto che  quello era l’alfabeto nella disponibilità dell’Autore.-
 La narrazione del Sefer Yetzirah inizia con la  descrizione di dieci mondi, detti Sefirot, che definiscono i rapporti intercorrenti  fra le forze della creazione. Sorprendentemente  anche le più recenti teorie della creazione affermano che il nostro universo è  formato da almeno dieci domini di energia, cioè dieci dimensioni ed in effetti  questi mondi sottili sono indispensabili per capire la fisica moderna, cioè la  fisica dei quanti.-
 Il secondo capitolo del Sefer Yetzirah stabilisce un  primo e chiaro collegamento tra la colorazione mistica del testo e la realtà  fisica tangibile. Questo collegamento è nelle tre consonanti, definite  “fondamentali”, Alef, Mem e Shin, che il libro, senza possibilità di dubbio o di diversa  interpretazione, collega al mistero della creazione.
 Le tre consonanti vengono associate agli elementi  alchemici primordiali:  Acqua, Aria e  Fuoco, poi, nel proseguire della frase, una potente affermazione chiarisce la  loro relazione con l’universo:
 “Le tre fondamentali, Alef, Mem e Shin,  sono un grande, nascosto mistico ed esaltato segreto, dal quale emanano Fuoco,  Aria ed Acqua, da cui tutto è stato creato”
 E’ evidente che “grande” è un aggettivo privo di  significato se riferito alle lettere in quanto tali, quindi esso è riferito a  quanto esse simbolicamente rappresentano, cioè l’elemento che con esse si vuole  indicare in modo semplice per il lettore del tempo;
 “nascosto”, il termine ha una doppia valenza:  conoscibilità non apparente e/o conoscienza riservata a pochi iniziati e poi,  nascosto è qualcosa che “esiste”, ma non tutti vedono;
 “mistico”, perché trascende il livello fisico ed è  proprio di un mondo diverso da questa fisicità, forse più sottile, collocato in  una diversa dimensione, che cominciamo solo ora ad intuire, prima e a  conoscere, poi. In effetti la fenomenologia dei quanti non è ancora del tutto  nota, basti pensare alla teoria della indeterminazione particellare di  Heisenberg o al bosone di Higgs: energia senza massa;
 “esaltato”, perché la conoscenza della sua potenza ne  fa un qualcosa che l’umanità non può che ammirare estatica nella speranza di  poterne un giorno disporre;
 “segreto”, concetto correlato con quello di  “nascosto”, proprio di una conoscenza tanto “riservata” quanto “potente”, anzi  riservata proprio perché potente.-
 Il racconto biblico, ma anche il mito antico degli  angeli (o simili) che confidarono taluni segreti agli uomini per poterne concupire  le donne (ma pensiamo anche al mito di Prometeo che svelò agli uomini il  segreto del fuoco, mito familiare a quello dei Giganti e qui il discorso porta  lontano).-
 L’inciso “dal quale emanano” è chiaramente riferito al  “segreto”, non alle tre consonanti fondamentali, che “sono” prima del segreto:  il segreto le combina, le plasma e fa loro assumere la forma con cui le  conosciamo nella nostra realtà fisica.-
 E’ questo il concetto di mondi diversi, di stadi della  creazione attraverso dimensioni diverse;
 “da cui tutto è stato creato”, la creazione viene  intesa come il prodotto modificato di qualcosa già esistente, qualcosa prima  concepito nel “mondo delle idee”, il “disegno intelligente”, poi realizzato nel  mondo fisico, utilizzando i noti elementi.-
 Sefer Yetzirah significa “Libro della  formazione”, non “Libro della creazione”. Teniamolo sempre ben presente.-
 Il testo prosegue con una  chiarezza che non lascia dubbi, concentrandosi sulla relazione esistente fra le  consonanti fondamentali e gli elementi:
 “Tre Madri,  Alef, Mem e Schin, nell’universo sono Aria, Acqua e Fuoco”
 E’ chiaramente una  precisazione interpretativa: ciò che era nella prima creazione, cioè nella  realtà fisica che era prima di questa o in una dimensione diversa da questa,  cioè prima del Big Bang (perché prima di questo qualcosa doveva pur esistere)  non è reso disponibile alla conoscenza dell’uomo (almeno per il momento),  possiamo solo sapere, con ricevuta certezza, che Alef, Mem e Schin sono Aria,  Acqua e Fuoco. Non si può non considerare che questa rivelazione è stata fatta  perché chi l’ha fatta ha ritenuto che questa conoscenza fosse fondamentale e  prodromica rispetto ad altre, diverse conoscenze.-
 Nel prosieguo del racconto  ci vien fatto comprendere che Alef, Mem e Schin sono ben più che semplici  simboli riferiti agli elementi naturali. I versetti che si susseguono ci svelano che la  conoscenza del potere racchiuso in ogni lettera costituisce la chiave per  comprendere le forze universali:
 “Egli ha messo Alef a capo  dell’Aria,
 “Egli ha messo Mem a capo  dell’Acqua,
 “Egli ha messo Schin a capo  del Fuoco
 Egli ha messo, cioè la  forza creatrice (quale che sia) ha creato o forse, a questo punto, è meglio  dire “ha prodotto” l’Aria utilizzando principalmente (a capo) l’elemento  alchemico identificato con l’Alef, che tra un po’ scopriremo quale sia, agendo  nello stesso modo per l’Acqua, utilizzando Mem e per il Fuoco, utilizzando  Schin.-
 Pur in assenza di un  linguaggio scientifico (ma poteva essere diversamente per insegnamenti che,  almeno inizialmente, dovevano essere tramandati oralmente), sembrerebbe che gli  antichi autori intendessero tramandare saperi ereditati da una fonte ancora più  antica e tuttora non identificata: con il lessico che era loro proprio hanno  descritto niente meno che la costruzione dell’universo.-
 E’ arrivato il momento di  cercare il collegamento tra queste lettere primordiali con la scienza moderna.-
 La scienza moderna, ma in  pratica tutti noi identifichiamo l’aria con l’elemento che respiriamo e che,  generalmente, facciamo corrispondere all’ossigeno. Certo l’ossigeno fa parte di  ciò che respiriamo, ma questo qualcosa, in verità, è costituito per la massima  parte (78%) da azoto. Probabilmente nel messaggio che qualcuno ci ha voluto  lasciare il riferimento all’aria era esattamente riferito all’azoto. Lo stesso  ragionamento vale per acqua e fuoco.-
 Se così è, è bene sapere  che l’acqua pura è costituita per l’88,89% da ossigeno, mentre il fuoco, che  tradizionalmente si identifica con il sole, rappresenterebbe l’idrogeno, che  nel sole è presente al 71%.-
 La terra è composta da un  numero limitato di elementi: silicio, ossigeno, idrogeno e alluminio ne  costituiscono più del 90% ed è singolare che questi elementi costituiscano  anche il 99% dell’organismo umano: siamo dunque veramente fatti di terra o,  meglio, con la terra, così come insegna il testo biblico?
 Stabilito, molto  sinteticamente, un primo, ma importante, collegamento tra la tradizione mistica  e la scienza moderna e cioè che
 - aria sta per azoto,
 - acqua sta per ossigeno,
 - fuoco sta per idrogeno,
 possiamo ora provare a  trovare un collegamento tra la Qabbalà e la scienza moderna.-
   Nella prima Parte di questo  lavoro abbiamo, tra l’altro, ricordato che la narrazione del Sefer Yetzirah  inizia con la descrizione di dieci mondi, detti Sefirot, che definiscono i  rapporti intercorrenti fra le forze della creazione, così come le più recenti  teorie della creazione affermano che il nostro universo è formato da almeno  dieci domini di energia, cioè dieci dimensioni ed in effetti questi mondi  sottili sono indispensabili per capire la fisica moderna, cioè la fisica dei  quanti.-Il secondo capitolo del Sefer  Yetzirah stabilisce un primo e chiaro collegamento tra la colorazione mistica  del testo e la realtà fisica tangibile. Questo collegamento è nelle tre  consonanti, definite “fondamentali”, Alef, Mem e Shin, che  il libro, senza possibilità di dubbio o di diversa interpretazione, collega al  mistero della creazione.-
 Le tre consonanti vengono,  nello stesso testo, associate agli elementi alchemici primordiali: Acqua, Aria  e Fuoco.-
 Desidero aggiungere, per  maggior chiarezza e semplificazione, che le tre lettere madri sono e sono  proprio Alef, Mem e Shin non per caso, ma per una ragione  tanto pratica quanto semplice (ricordiamo sempre che in principio il libro era  letto anche da menti semplici):
 -Alef , uno dei significati  simbolici, anzi il più importante e conosciuto significato simbolico della  lettera Alef è “soffio”, cioè “aria”;
 Mem è la consonante iniziale  della parola “maim”, che in ebraico vuol dire “acqua”;
 Shin è l’unica consonante  della parola “esh”, che in ebraico vuol dire “fuoco”.-
 Verso la fine del XX secolo la  composizione di qualsiasi cosa possa esistere nel mondo fisico è stata ridotta  approssimativamente a 118 elementi, ognuno classificato secondo tratti che lo  contraddistinguono da tutti gli altri.-
 Tra le molte caratteristiche  utilizzabili per descrivere un elemento c’è n’è una che consente di individuare  una relazione tra gli elementi che danno origine alla vita e la valenza  numerica dell’alfabeto ebraico, questa caratteristica è la “massa atomica”,  cioè il rapporto tra la massa di un atomo di un qualsiasi elemento ed un  dodicesimo della massa del “carbonio 12”.-
 Abbiamo già  detto che Fuoco, Aria ed Acqua in realtà rappresentano simbolicamente gli  elementi chimici che ne rendono possibile l’esistenza e, cioè, idrogeno, azoto  e ossigeno.-
 Prima di proseguire nel discorso è opportuno ricordare che i  principi codificati della ghematrìa prevedono:
 -l’assunzione dei soli numeri interi (senza quelli dopo la  eventuale virgola) e
 -la riduzione dei numeri costituiti da due o più cifre ad un  numero di una sola (per esempio 123 = 6, cioè 1+2+3 = 6).-
 Osserviamo ora che:
 #  il valore della massa atomica dell’idrogeno è 1,007, cioè 1;
 #  il valore della massa atomica dell’azoto è 14,00, cioè 5 (1+4=5);
 # il valore della massa atomica dell’ossigeno è 15,99, cioè 6  (1+5=6).-
 Abbiamo già  ricordato che il Sefer Yetzirà afferma che tre delle ventidue lettere  dell’alfabeto hanno una valenza superiore alle altre, tant’è vero che esse  costituiscono il nome impronunciabile:
 “Egli scelse tre lettere tra  le elementari E le dispose nel Suo glorioso nome”
 A questo punto, considerato che le tre lettere fondamentali sono alef, mem e shin e che le tre lettere che costituiscono il nome  ineffabile sono yod, hei e vav, evidentemente deve esserci  un processo per cui alef, mem e shin diventano yod, hei e vav.-
 Il processo che  consente l’evoluzione di alef, mem e shin in yod, hei e vav è considerato talmente sacro nelle antiche tradizioni che il  Sefer Yetzirà dedica un’intera sezione alla descrizione del “segreto” che quel  nesso rappresenta:
 “Tre Madri: Alef, Mem e Shin,
 un grande mistico segreto coperto e sigillato da sei anelli.
 E da loro emanarono aria, acqua e fuoco
 E da loro nacquero i Padri
 E dai Padri, i discendenti”
 
 Dico subito che i Cabbalisti affermano che le tre lettere del nome  impronunciabile (Yod, Hei, Vav) sono derivate e corrispondono alle tre lettere  madri (Alef, Mem, Shin). L’affermazione è ampiamente motivata, ma proprio la  sua ampiezza non ci consente di parlarne in questa occasione: prendiamo  l’affermazione per quella che è.-
 La Cabbalà distingue tra la creazione del nostro Universo  (dell’Ordine) e un Universo esistito prema del nostro (del Caos). I fisici  stanno ancora dibattendo se sia esistito qualcosa prima del Big Bang, I  Cabbalisti considerano l’esistenza di un altro universo prima del nostro un  dato acquisito, anzi tale convincimento costituisce un presupposto per  comprendere gli altri insegnamenti della Cabbalà.-
 La Cabbalà indica questo universo anteriore come “tempo prima del  tempo e dell’ordine” o “Tohu”. Nel caos primordiale c’erano già le lettere (gli  elementi) Alef, Mem, Shin, ma non riuscivano ad interagire tra di loro, ad  esempio per problemi di calore, di pressione, di velocità etc. etc..
 Cabbalisticamente  tale condizione primordiale viene così spiegata: gli elementi 
                                 o “vasi” (il concetto  di “vaso” è ricorrente nello studio della Cabbalà, per questo dirò qualcosa nel  comma che segue), elementi o “vasi” che esistevano prima delle dieci “Sefirot”,  che però non erano in grado, come abbiamo detto, di interagire tra di loro: non  potevano sperimentare l’essenza stessa della vita, non potevano né dare né  ricevere e, quindi, non erano possibili “combinazioni” di sorta tra di loro,  non erano capaci di trattenere la “luce emanata da D-o”, cioè l’energia latente  che , per dare origine alla vita, dovrà essere utilizzata in modo tale da far  “dialogare” gli elementi tra di loro.-
 I Vasi (vessels, non dimentichiamo che grande veicolo della  mistica ebraica è stata la tradizione aschenazita, la cui terminologia Yiddish  è strettamente imparentata con il tedesco) hanno si il significato di  contenitori, ma contenitori d’elezione, crogiuoli deputati a combinazioni  alchemiche sofisticate. Le “Sefirot” per i cabalisti hanno una doppia natura,  una doppia funzione: quella immanente, immutabile, di sede del Divino potere,  della Luce, dell’energia potenziale o latente e quella dinamica di “ambiente” e  “strumento” in cui ogni combinazione e ogni trasformazione può avvenire, senza  limiti e senza necessità di qualsiasi altro agente o coadiuvante.-
 Proprio la iniziale inidoneità dei vasi primordiali a ricevere e  convogliare l’energia, la incommensurabile energia inizialmente disponibile, ha  determinato quella che i testi denominano “rottura dei vasi”, che non vuol dire  altro se non distruzione nucleare, esattamente come succede oggi nelle centrali  quando, per un motivo qualsiasi, si perde il controllo del procedimento di  produzione dell’energia atomica. E quando si dice che i frammenti di questa  rotture (serie di scissioni ed esplosioni) caddero nei “regni inferiori” dove  venivano ricostituiti come “vasi”, questa volta capaci di ricevere e di dare,  altro non vuol dire che l’intensità dell’energia è via via diminuita fino a  divenire “disponibile” per le combinazioni necessarie al principio ed allo  sviluppo dell “vita”.-
 Niente di  diverso di quello che succede ancor oggi quando nel nostro Sole si verificano  esplosioni nucleari particolarmente potenti e noi riceviamo sulla Terra enormi  campi elettro-magnetici e partecipiamo come spettatori a quei fenomeni  generalmente conosciuti come “aurore boreali”.-
 Dopo questa breve digressione esplicativa, torniamo alla questione  iniziale e, cioè, capire se tra le tre lettere del nome impronunciabile (Yod,  Hei, Vav) e le tre lettere madri (Alef, Mem, Shin) c’è veramente un nesso e, se  sì, quale esattamente esso sia.-
 Ebbene ciò che il Sefer Yetzirà vuole dire è che Yod, Hei e Vav  sono la “rettificazione”, sono le “figlie” di Alef, Mem e Shin, che, proprio  per questo, sono chiamate “lettere madri”. Le tre lettere originarie e le tre  lettere derivate individuano la medesima “forza”, manifestata in “regni”, cioè  “dimensioni” diverse.-
 Cercando di semplificare e tenendo sempre presente che nel Sefer  Yetzirà le lettere corrispondono agli elementi e che, a loro volta, le lettere  corrispondono a dei numeri, ricordando quanto abbiamo già chiarito nella prima  parte di questo lavoro, possiamo dire che:
 -il fuoco equivale all’idrogeno, il cui valore atomico è 1 e 1 è  anche il valore che la ghematria attribuisce alla lettera Yod;
 -l’aria equivale all’azoto, il cui valore atomico è 5 e 5 è anche  il valore che la ghematria attribuisce alla lettera Hei;
 -l’acqua equivale all’ossigeno, il cui valore è 6 e 6 è anche il  valore che la ghematria attribuisce alla lettera Vav.-
 Abbiamo già accennato alla importanza del quarto elemento  essenziale per l’esistenza della vita: la terra, che abbiamo visto  corrispondere al carbonio. Si tratta ora di capire se esista un nesso tra le  tre lettere Yod, Hei e Vav, corrispondenti alle lettre madri Alef, Mem e Shin e  questo quarto elemento.-
 Gli alchimisti hanno sempre considerato in modo diretto i tre  elementi Aria, Acqua e Fuoco mentre hanno sempre considerato in modo correlato  il quarto elemento, cioè la Terra. Nella tradizione alchemica c’è sempre stata  inaccessibilità rispetto all’origine di questo elemento, non però per i  Cabbalisti, che hanno sempre considerato rivelatore questo passo del Sefer  Yetzirà:
 “da questi tre (Aria, Fuoco e Acqua) Egli fondò la Sua casa”
 Con sconcertante  semplicità ci viene detto che con i primi tre elementi, da soli 
                                 o combinati tra  loro, tutto è stato “formato”: le cose fisiche inanimate e gli esseri viventi.-
 In altre parole D-o, al momento della creazione, aveva a  disposizione solo idrogeno, azoto e ossigeno e da questi ha formato il quarto  elemento. Questa affermazione è sicuramente più comprensibile resa così: dopo  il Big Bang c’erano disponibili idrogeno, azoto e ossigeno che, combinandosi  tra loro, hanno dato origine a tutto l’universo.-
 Si impone una chiosa: la tradizione mistica, cioè  l’interpretazione letterale del testo, assegna a D-o un ruolo molto riduttivo,  infatti il Creatore di tutte le cose così come ha creato tre elementi poteva  anche crearne quattro, cinque, sei etc. etc.
 Se, dunque, il quarto elemento è la risultante della combinazione  degli altri tre, proviamo a sperimentare questa combinazione. I valori atomici  di idrogeno, azoto e ossigeno sono, rispettivamente 1, 5 et 6, la loro  combinazione semplice (la loro somma) esita 12, valore che ridotto ad una sola  cifra, come la ghematria impone, diventa 3 (1+2=3).-
 Tenendo conto che dei 118 elementi di cui si conosce l’esistenza  c’è ne sono quattro che, da soli, costituiscono più del 99% del corpo umano.  Questi quattro elementi sono l’idrogeno, l’azoto, l’ossigeno ed il carbonio e,  posto che dei primi tre ci siamo già occupati, proviamo a scoprire le  caratteristiche del quarto, cioè del carbonio.-
 Poiché per gli altri elementi abbiamo preso in considerazione la  massa atomica (che in questa indagine mi sembra il criterio di ricerca più  appropriato), mi sembra corretto procedere con lo stesso criterio e cercare il  numero atomico del carbonio, che, peraltro, come tutti sanno è 12, valore che  ridotto ad una sola cifra, come la ghematria richiede, diventa 3 (1+2=3).-
 Giova sottolineare che di tutti i 118 elementi, il carbonio è  l’unico la cui valenza in ghematria, cioè 3, corrisponda esattamente  alla valenza in ghematria delle tre lettere che costituiscono il nome  impronunciabile: Y, H, V (1+5+6=12 e 1+2=3).-
 Appare, ora, molto più chiaro che gli antichi alchimisti, quando  hanno individuato in aria, acqua, fuoco e terra gli elementi fondamentali della  vita non hanno fatto altro che indicarci gli elementi chimici che danno origine  all’esistenza, informazione a loro nota già da qualche migliaio di anni (se non  più), noi ci siamo arrivati nel secolo scorso.-
 E’ chiaro che  quanto stiamo considerando in queste pagine è pur sempre frutto di  interpretazione, voglio, però, sottolineare che è stata calcolata la possibilità  che la coincidenza delle lettere ebraiche con gli elementi fondamentali sia  casuale e il risultato è stato che tale possibilità è pari a ! su 234.256.  Nessun commento.-
   ANTICO E  PRIMITIVO RITO DI MEMPHIS E MISRAΪM SOVRANO SANTUARIO ITALIANO
 MASSONERIA UNIVERSALE – Grande  Oriente d’Italia
 Camera di IV  grado dei Maestri Discreti Capitolo Ra Arakhti n° 23 della Valle del Brenta
 
                  La regione eterica del Regno  Fisico nellamistica rosicruciana: il quinto elemento
 
 
                  diF. M., 4∴
 Zenit di Abano Terme, 23 giugno 2009 E∴ V∴
 La seguente  tavola non costituisce fonte ufficiale per la diffusione e la trattazione di  tematiche particolari da parte del A∴P∴R∴M∴M∴
 ma  è frutto del pensiero dell’Autore.
                     Nelle  due precedenti tornate si è approfondito, dal punto di vista cabalistico, il  mondo fisico nella sua regione chimica. Si è parlato dei tre più uno elementi  costitutivi di questa regione (idrogeno, azoto, ossigeno e carbonio), ben  rappresentati dai quattro elementi alchemici. È  di facile intuizione tuttavia un quinto elemento, non visibile, ma che permea  tutto il mondo fisico tanto da darne continuità sia dal punto di vista della  materia che dell’energia. Questo elemento, nella mistica rosicruciana, è  chiamato “fluido eterico” e costituisce la regione appena superiore al mondo  chimico, nel regno fisico.
 Si  rende necessaria una premessa: con la parola “etere” non si intende la famiglia  di composti organici in cui due radicali, alchilici od arilici, sono legati tra  di loro per mezzo di un atomo di ossigeno (formula bruta: R – O – R’). L’etere  che consideriamo in questa sede è un “fluido” con caratteristiche ben precise  da un punto di vista esoterico – occultistico ma non misurabili da un punto di  vista scientifico, che saranno descritte in seguito. Esso è la cosiddetta  “quintessenza” dei filosofi, il quinto elemento. Per gli alchimisti questo  elemento è il costituente principale della pietra filosofale, quello che regola  ogni processo per il suo ottenimento, perché è quello che vivifica il lapis,  altrimenti composto solo da elementi fisici. Per questo motivo, al fine di  produrre l’oro filosofale, è necessaria una adeguata e ben calibrata (in ogni  fase!) cottura nell’atanor. Con la giusta cottura l’etere permea la materia, in  perenne trasformazione nell’atanor, in maniera ottimale rendendola viva ed  utile allo scopo. Fulcanelli stesso ci insegna che il fuoco di ruota (energia  quale siamo abituati a concepirla) non è sufficiente per portare a termine  l’Opera: serve il fuoco segreto. Senza andare ulteriormente fuori tema, accenno  solo l’importanza, in questo contesto, del simbolo della rosa (azione costante  del fuoco nell’atanor). L’essenzialità del processo di cottura nei procedimenti  alchemici dà un’adeguata descrizione di quello che è l’etere. Potremmo quasi,  banalizzando brutalmente, chiamarlo: mezzo di trasferimento per l’energia ed  energia stessa. È necessario, a questo punto, identificare il fluido di cui  parliamo dandogli una connotazione precisa e contestualizzandolo il quella che  è la comunque più ampia mistica rosicruciana.
 I Rosacroce  dividevano l’Universo in quattro Regni fondamentali: il regno fisico,  costituito dal corpo denso (mondo chimico) e dal corpo vitale (fluido eterico),  il regno del desiderio, il regno del pensiero (diviso in mente – pensiero concreto  – ed ego – pensiero astratto) ed il regno degli spiriti, caratteristico della  volontà e dell’immaginazione che ha come corona il regno di dio. Ognuno di  questi regni è diviso in sette regioni. Nel regno fisico le prime tre sono  quelle relative alla fase solida, liquida e gassosa; le successive quattro sono  quelle dell’etere chimico, dell’etere vitale, dell’etere luminoso e dell’etere  riflettente. Queste sette regioni sono a densità decrescente, e solo le prime  tre possono essere percepite o misurate dagli strumenti di misura messi a  disposizione dalla scienza. Quello che appartiene al mondo eterico, al  contrario, non può essere misurato in virtù della sua “densità” rarefatta. Uso,  in questa tavola, il termine “densità” in maniera diversa dal significato  scientifico che siamo abituati a dargli: con questo termine infatti non si  descrive semplicemente il rapporto fra il peso di una sostanza ed il suo  volume, ma il “contenuto” vitale di particelle utili al raggiungimento dello  scopo del regno presso il quale queste particelle dimorano. La regione eterica  non può essere percepita dai cinque sensi. Può però essere intuita, descritta  ed elaborata con opportune tecniche di meditazione e conoscenze di carattere  occultistico. I sette componenti del Regno Fisico esistono compenetrati l’uno  con l’altro, in un tutt’uno che rende il mondo così 
                    come  lo percepiamo con i nostri sensi. Per le tre regioni chimiche questo è  abbastanza intuitivo da capire; basti pensare, ad esempio, all’anidride  carbonica che compenetra l’acqua per dare l’acqua gassata o, più in generale,  l’aria e l’acqua che compenetrano una spugna da bagno. Più difficile diventa il  pensare a qualcosa di questo tipo per l’etere. Possiamo, in maniera molto  grossolana, pensare al trasferimento o la “dissipazione” di energia. Studi  approfonditi di termodinamica ci permettono di quantificare in maniera  abbastanza precisa dal punto di vista matematico quelle che sono le variazioni  energetiche fra le tre regioni del mondo fisico. Questo resta tuttavia un  processo di pura astrazione, perché i calcoli matematici che stanno alla base  della scienza termodinamica pretendono di descrivere leggi naturali senza che  si abbia la percezione fisica del mezzo con il quale i processi descritti si  realizzano. In due parole: non ci manca la capacità di pensiero per comprendere  il fluido eterico, quello che manca è la capacità fisica di isolarlo. Entriamo  ora più nello specifico, caratterizzando ognuno degli eteri sopra citati.
 L’etere  chimico, o planetario, è il più grossolano ed è caratteristico del regno  minerale. Questo fluido, che permea l’universo nella sua totalità, ha polarità  positiva e negativa e presiede, rispettivamente, alle funzioni involontarie di  assimilazione e di escrezione. Il suo compito principale è quindi quello di  controllare lo sviluppo e la conservazione di ogni forma presente in natura.  Esempi molto semplici ed intuitivi del lavoro eseguito da questo tipo di etere  sono, ad esempio, lo sviluppo del corpo umano, l’accrescimento di un dendrite  di minerale (o, più semplice, del cristallo di ghiaccio da un contenitore di  acqua sottoraffreddato) e la caduta delle foglie da una pianta.
 L’etere  vitale, proprio degli esseri viventi (i minerali ne sono quindi esclusi), è  l’entità che presiede alla salvaguardia della vita. Vita intesa non solo come  singolo essere, ma come specie. Questo etere è il responsabile dell’attitudine  di una specie a riprodursi e a perpetuare le sue caratteristiche. Anche in  questo caso si ha la divisione in polarità positiva (principio femminile) e  polarità negativa (principio maschile). La differenza fondamentale dell’etere  vitale rispetto all’etere planetario è che mentre il secondo compenetra ogni  cosa il primo è separato dal suo oggetto di influenza.
 Questo  concetto è da ritenersi come fondamentale. La separazione dell’etere vitale dal  suo corpo è l’origine del fenomeno fondamentale che coinvolge tutti gli esseri  viventi: la morte. Abbiamo visto all’inizio come il fluido eterico possa  considerarsi energia e mezzo di trasmissione di energia: la separazione fra  corpo chimico e relativo fluido eterico rende il primo dipendente dai  collegamenti che questo può stabilire con il secondo. Molto spesso infatti le  malattie del corpo sono risolte dopo un riequilibrio di forze fra l’organismo  ed il suo corpo eterico. I corpi sottili che collegano le due entità, però, non  durano in eterno e alla fine, quando i corpi sottili si sono completamente  calcificati, i due organismi smettono di vibrare all’unisono. L’etere vitale si  stacca e prosegue la sua vita lasciando alla sua sorte il corpo fisico che  diviene, a partire da quel momento, un “minerale”. Esso torna quindi alla  natura sotto forma di inerte composto chimico (non si può infatti più parlare  di entità biologica: βίος= vita) utile per il  nutrimento di altri esseri vivi.
 Certo non  basta l’etere vitale per dare la vita come noi la conosciamo. Se vogliamo,  possiamo ridurre le sue peculiarità solo in attitudine alla riproduzione. Si  può parlare di forme più complesse di vita quando l’involucro chimico è  permeato, oltre che dall’etere planetario e da quello vitale, anche dall’etere  luminoso. Questo etere 
                    presiede  alla produzione (positivo) e alla dissipazione (negativo) di energia. La sua  percezione è, a mio avviso, quella più intuibile da parte di chi, pur non  avendo compiuto studi di carattere occultistico, ha una base elementare di  biologia. Mi spiego subito con un esempio.
 Il  cosiddetto “ciclo di Krebs” (mi si scusi l’esempio, banale per quanti hanno  compiuto studi di biochimica, ma è mi è necessario per spiegare in maniera  semplice e completa il concetto) è un ciclo metabolico fondamentale per gli  esseri viventi. Esso avviene nei mitocondri e consente la produzione di energia  dalla demolizione di proteine, amminoacidi e carboidrati. L’assimilazione di  glucosio da parte della cellula genera, come prodotto finale, una quantità  molto alta di adenosina trifosfato che, tradotto dai termini biologici,  significa: energia! È necessario comprendere bene la portata di questo concetto  per spiegare in maniera utile il significato più intimo di etere luminoso.  Esistono reazioni chimiche (coinvolgenti quindi solo il regno minerale)  cosiddette “esotermiche” che possono produrre energia. Esempi eclatanti sono le  reazioni di combustione o quelle esplosive (ad esempio la combustione dei  vapori di benzina, nella camera di scoppio del motore, che creano l’energia  necessaria a mettere e a mantenere in moto gli organi di trasmissione di  un’auto e a fare sì che questa si muova). Ma questa reazione non si  autosostiene e non si autocontrolla come la reazione biologica sopra descritta.  C’è qualcosa di “intelligente” in questa energia biologica: c’è l’etere  luminoso. Questo etere è quindi proprio di tutti gli esseri viventi che non  solo si riproducono, ma si muovono e vivono la loro vita in continua  comunicazione con il mondo circostante.
 I  tre eteri di cui si è parlato finora descrivono la natura dal regno minerale  fino al regno animale. Manca però l’ultimo anello, il più singolare, del mondo  animale: l’uomo. È chiaro che sia l’etere planetario, sia l’etere vitale e sia  l’etere luminoso lo compenetrano, perché l’uomo ha tutte le caratteristiche  fisiche, chimiche e biologiche degli altri esseri appartenenti alla natura.  L’essere umano è però dotato anche di discrezionalità. Mentre l’etere luminoso  può guidare un essere vivente solo a compiere azioni regolate dall’istinto  (l’autoconservazione è infatti peculiarità dell’etere vitale), deve esistere un  altro fluido che permetta all’essere umano di compiere azioni anche illogiche e  contro natura, ma giustificate da quella che è la sua memoria.
 Entra  in gioco quindi l’etere riflettente, ed è la grande peculiarità dell’uomo. Non  è del tutto corretto indicare l’etere riflettente come appartenente alla  regione eterica. Esso infatti, come ricorda anche il nome, riflette  nell’organismo umano un qualcosa che si collega a regni molto superiori: è la  scintilla divina. Il mito del titano Prometeo descrive compiutamente, anche se  in maniera velata, l’etere riflettente. Prima di donare il fuoco divino agli  uomini, Prometeo rubò dallo scrigno di Atena, per il genere umano,  l’intelligenza e la memoria: i due attributi dell’etere riflettente. Con questi  due doni il genere umano si è elevato dal resto del mondo animale. Non sono  necessarie ulteriori spiegazioni per caratterizzare questo fluido. Basti  pensare che tutto ciò che ci circonda, costruito con sapienza da artigiani,  artisti o anche semplici operai è frutto di questo afflato divino. Ne vediamo  le bellezze in ogni momento.
 Quanto  scritto sopra si riferisce al regno fisico. Ora ci sembra quindi chiaro come  parlare di semplice materialità delle cose sia in realtà banalmente fuorviante  e non degno di un iniziato. Sarebbe parimenti errato pensare che il mondo  fisico sia completo ed autonomo solo considerando la regione chimica e quella  eterica. Ci appare del tutto evidente l’inadeguatezza, dal punto di vista della  vera conoscenza, di 
                    quelle  persone, anche scienziati, che non riescono ad astrarre mondi diversi e più  complessi di quelli che riescono a descrivere con la semplice osservazione  scientifica. Eppure quante volte ci arrivano vicino… La scienza termodinamica è  sicuramente uno strumento molto potente per descrivere la regione eterica;  tanto potente quanto incompreso. I concetti di entalpia e di entropia, se  fossero messi nelle mani di un filosofo greco e di un matematico pitagorico,  potrebbero essere metodi scientifici adeguati per lo studio dell’etere luminoso  e di quello planetario. Purtroppo però l’uomo non riesce a staccarsi dalla  materialità e si limita a descrivere, con la sua pur altissima capacità di  astrazione e di pensiero analitico, solo quello che vede o che si aspetta di  vedere.
 È  il segno evidente di come il mondo del desiderio sia ancora poco noto.  Paradossalmente l’uomo sta arrivando a sviscerare i concetti più arcani del  mondo del pensiero concreto. Le forme matematiche, fisiche ed artistiche  dell’ultimo secolo appena trascorso lanciano dardi che giungono a penetrare in  profondità il mondo del pensiero astratto. Il mondo degli spiriti e quello di  dio sembrano mete raggiungibili dall’ambizione umana. Ma cosa potrà fare questo  essere che non desidera? Dove potrà arrivare, se non completa la sua conoscenza  con la parte intangibile e mistica del sapere?
 L’uomo  semplice non arriverà mai alle vette più elevate, per quanto profonda possa  essere la sua conoscenza (che si limiterà comunque solo alla regione chimica  del mondo fisico). Perché per giungere alla vetta è necessario saper  riconoscere e comandare forze che non si possono vedere. È necessario saper  sognare e desiderare. È necessario saper pensare oltre quello che si può  intuire. È necessario saper credere gratuitamente. Ed è necessario saper  elaborare ogni esperienza ed ogni pensiero nel silenzio più profondo del  proprio cuore. Lo stesso silenzio con il quale l’alchimista, durante tutta la  cottura della materia informe con il fuoco di ruota, insuffla l’energia vitale  del fuoco segreto per portare a termine l’opera e creare il lapis  philosophorum.
                     Volere, potere, osare,  tacere! 
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