| La tradizione esoterica egizia.  Possiamo con certezza  affermare che, fin dal Rinascimento, il pensiero che nell’antico Egitto fossero  conosciuti e professati riti di magia iniziatica isiaca ed osiridea era diffuso  in tutti gli ambienti esoterico-occultistici. Particolarmente fertile fu  la terra napoletana in cui Cagliostro e il cavalier d’Aquino, cominciarono a  diffondere il Rito Egiziano e anche i gradi segreti noti come "Arcana Arcanorum" o "Scala di Napoli" ,  che comprendono, tra l’altro, una via operativa tradizionale alchemica per la  realizzazione del cosiddetto "corpo  di gloria" ,  che vedremo in seguito.  A Napoli, quindi,  Cagliostro trovava un ambiente già interessato a questo tipo d’iniziazioni, in  particolare quello massonico e rosacruciano che ruotava intorno alla figura del  principe Raimondo di Sangro di San Severo (1710-1771) e del barone Henry  Théodore de Tschoudi (1724-1769) a cui si deve forse il primo il sistema  massonico dei cosiddetti "alti gradi" conosciuto come Stella  Fiammeggiante. In alcuni riti egiziani, ancora oggi, si trovano i gradi di "Cavaliere del Sole" e di "Commendatore degli Astri" di  Tschoudi .  Va messo i rilievo lo stretto legame che il Rito Egiziano aveva con la  Massoneria poiché da essa traeva i suoi affiliati.   Il Conte Alessandro di  Cagliostro, nacque a Tunisi nel 1749 e finì i suoi giorni nella prigione di San  Leo nel 1796. Egli non deve essere identificato col ciarlatano palermitano  Giuseppe Balsamo (1743-1795), assoldato da chi ne aveva interesse e messo alle  costole del Conte per impersonarlo e gettare il dispregio sulla sua figura.  Alessandro di Cagliostro fu iniziato ai segreti del rito Egizio dal misterioso  Maestro Altothas nell’anno 1776. Nel 1786 a Lione, Cagliostro fondò, in seno  alla Loggia "Saggezza  Trionfante" il "Rito  Egiziano" che in breve si estese in Europa e ispirò, per esempio, in  ambito massonico, la superba opera "Il  flauto magico" di W. A. Mozart (1791) Anche Napoleone Bonaparte  fu iniziato da Cagliostro al Rito Egiziano e i Riti massonici di Memphis, di  Misraim e di Memphis-Misraim discendono da esso come vedremo in seguito .  L’intensa attività di  Cagliostro sfociava nelle logge di Misraim che apparvero in varie località  d’Italia intorno al 1800 e che furono esportate a Parigi nel 1814 dai fratelli  Michel, Marc e Joseph Bédarride, che a Napoli, intorno al 1812, ricevettero le  patenti del Rito di Misraim .  Il Rito era composto allora da 90 gradi, alcuni presi dalla massoneria scozzese,  dal martinismo e da altre correnti massoniche, e gli ultimi quattro gradi  presero il nome di "Arcana  Arcanorum". Non manca, peraltro, chi ritiene che con i Bédarride la  massoneria egiziana perde gli "Arcana  Arcanorum" che vennero sostituiti con sistemi di origine cabalistica,  rosacruciana e cristiano-essenica che ebbero influenza su tutti i riti egiziani  dell’epoca . Nel 1815, a Montauban  (Francia), si alzarono le colonne della "Loggia  Madre del Rito di Memphis" con a capo il Gran Maestro Samuel Honis, al  quale succedette, nel 1816, Gabriel Mathieu Marconis. Nel 1838, suo figlio,  Jean Etienne Marconis de Nègre, assunse la guida del Rito di Memphis  definendolo come "una continuazione  degli antichi Misteri praticati nell’Antichità, in India e in Egitto".  Il Rito di Memphis comprendeva 95 gradi .  E’ importante ricordare che  il rito di Misraim acquistò anche una fama sovversiva: si riteneva, infatti che  fungesse da copertura alla Carboneria, come in effetti fu, per cui venne  perseguito dalle autorità pubbliche e, mentre si diffondeva rapidamente nel  nord Europa, in Italia entrava ripetutamente in semi clandestinità .  A dimostrazione della reale commistione fra massoneria, rito di Misraim e  Carboneria, tra le numerose importanti figure espresse dall’Ordine Egizio cerchia interna del Rito egizio di Cagliostro, da cui dervano i Riti  di M&M, con cui l’O.E. si fuse con la M., dai  riti egiziani di Memphis e Misraim, dalle logge massoniche e dalle  "Vendite" carbonare ,  va ricordata, ad esempio, quella emblematica di Domenico Bocchini .    A Napoli la tradizione di  Raimondo di Sangro e di Cagliostro continuò anche attraverso gli interessi  esoterico-occultistici presenti e curati in ambiente risorgimentale e liberale  da rappresentative figure come Mario Pagano e Pietro Colletta. Negli anni ‘50  del XIX secolo, come esuli politici dopo i moti del 1848, o come "nobili viaggiatori" molti  eredi di questa tradizione frequentarono l’ambiente occultistico di Parigi: di  questo gruppo facevano parte il barone Nicola Giuseppe Spedalieri (assiduo  corrispondente di Eliphas Levi), Pasquale de Servis (noto con lo pseudonimo di  "Izar" e che sarà a capo dell’Ordine Egizio) e l’avvocato Giustiniano  Lebano (discepolo del Bocchini) .  Nel 1862 gran parte del  Memphis francese confluiva nel Grande Oriente di Francia maggioritario, Yohn  Yarker  ( al quale fu concessa nel 1872 una patente per il Memphis da Harry J. Seymour,  che traeva la sua regolarità da Marconis) scambiava patenti con Giambattista  Pessina, il quale fondava a Catania un rito di Memphis "riformato" in  aggiunta al suo rito di Misraim. Nel 1876 il Grande Oriente di Alessandria  d’Egitto, (che traeva regolarità da una patente di Marconis fin dal 1856)  guidato dal piemontese ed ex garibaldino Solutore Avventore Zola, aveva però  conferito una patente nella stessa Palermo a Salvatore Sottile come Gran  Maestro di un Supremo Consiglio di Rito Memphitico. Sottile e Pessina e i loro  riti rimasero rivali fino a che, nel 1881, il carisma di Giuseppe Garibaldi  compì il miracolo della riunificazione.  Garibaldi fu nominato Gran  lerofante della massoneria egiziana, riconosciuto anche da Yarker e da alcuni  gruppi americani, riunendo così non solo i riti di Memphis, ma anche il Memphis  con il Misraim; da allora l’espressione "Memphis e Misraim" divenne  comune. Dalla riunificazione rimanevano fuori alcune logge di vari paesi. Comunque, una prima  conseguenza dei contatti di Garibaldi con la Massoneria napoletana si ebbe il  10 agosto 1861 quando, proprio a Napoli, su iniziativa dell’arciprete calabrese  Domenico Angherà, furono alzate le colonne della Gran Loggia Madre "Sebezia" e nacque il Grande  Oriente di Napoli. In quel periodo l’Ordine Egizio era diretto da Pasquale de  Servis (1818-1894), affiliato e personaggio di spicco nella Loggia massonica "Alcinoe Risorta" e il suo  "delfino", Giustiniano Lebano, era il Primo Sorvegliante della Loggia  Sebezia . Con la successione a  Garibaldi di una figura meno carismatica come Pessina il rito entrò in un  periodo di "sonno". Pessina  lo risvegliò più tardi (qualcuno afferma senza alcun potere) ma, se egli non  fosse stato un effettivo Conservatore, quelli veri si sarebbero fatti vivi e lo  avrebbero disconosciuto. Non ebbe nulla da obiettare lo stesso Garibaldi, che  era in quel momento uno dei massimi rappresentanti a livello internazionale del  Rito di Memphis, e neppure l’allora attiva loggia memphitica  "La Riforma" operante a  Genova.  Pessina, peraltro, non era  stato riconosciuto da Yohn Yarker e da altri e, nel 1900, un certo numero di  obbedienze avevano accettato come Gran lerofante Ferdinando Francesco degli  Oddi, del Sovrano Grande Santuario d’Egitto (di Alessandria), che si era tenuto  fuori dalle controversie. Dopo degli Oddi, nel 1902, il Gran lerofante  riconosciuto dai più diventa ancora una volta Yarker, che conferisce patenti a  Reuss e a parecchi occultisti francesi, tra cui Papus. Morti Yarker nel 1913 e  il suo successore Reuss nel 1924, i riti egiziani si divisero di nuovo in  obbedienze rivali.  Ma, nel 1909, Theodor Reuss  aveva concesso un’altra patente per il Memphis-Misraim al celebre martinista  francese Gerard Encauss (conosciuto col nome iniziatico di Papus). I successori  della linea Papus furono Charles Detré, Jean Bricaud, che nel 1939 passò  all’oriente Eterno, Constant Chevillon, che nel 1944 fu assassinato dai  collaborazionisti francesi del nazional-socialismo, Charles Henry Dupont e,  quindi, nel 1960, Robert Ambelain.  Il 14 novembre del 1973,  l’italiano Francesco Brunelli (1927-1982) fu nominato da Robert Ambelain Gran  Jerofante del Rito per l’Italia. A Francesco Brunelli, (che operò per  l’inserimento del Rito di Memphis e Misraim come Rito riconosciuto all’interno  della Massoneria maggioritaria del Grande Oriente d’Italia di Palazzo  Giustiniani) succedette il prof. Giancarlo Seri che, essendo presente, potrà  darci ulteriori ragguagli e precisazioni sui successivi sviluppi dell’Antico e  Primitivo Rito di Memphis e Misraim.     L’Ordine Egizio    Dopo Domenico Bocchini  troviamo a capo dell’Ordine Pasquale De Servis (maestro e iniziatore di Giuliano  Kremmerz, il più noto degli esoteristi del secolo XX) e Giustiniano Lebano  (1832-1909). Anche per il Lebano,  riporto di seguito un articolo apparso nel giornale "Inno", anno V  del 23 marzo 1901 p. 2, a firma di Gerardo Laurini: "Chi capita a Torre Annunziata e vi si  ferma magari due o tre giorni non può non sapere che colà vive un uomo dotato  di una mente davvero superiore, di una vasta cultura classica, di un animo  aperto, mite, nobilissimo, instancabile nel beneficare, non ostante che spesso  abbia avuto ed abbia ingratitudini non poche e non poche guerricciole volgari,  delle quali egli né duolsi mai né serba il minimo rancore; giacché come un  antico sapiente ben comprende e compatisce le debolezze e gli errori dell’umana  natura. Quest’uomo è il comm. Giustiniano Lebano. Piacemi di scriver di lui perché la sua famiglia  è oriunda di questa provincia. Suo padre avv. Filippo era di Sessa Cilento,  donde insieme colla moglie Maria Acampora fu costretto ad emigrare a cagione  delle sue idee liberali. E si stabilì a Napoli. Ivi il 14 Maggio del 1832  nacque Giustiniano. Fin dai primi anni costui mostrò ingegno svegliatissimo e  grande inclinazione agli studi letterarii. Fu affidato perciò alle cure dei più  valorosi e rinomati insegnanti. Il Puoti, il Fabbricatore e l’abate Pomari gli  insegnarono l’italiano, il Parascandolo e un dotto gesuita il latino, il  canonico Lucignano il greco e il canonico Ferrigni l’ebraico. Tutti  meravigliavano della straordinaria prontezza che il giovanetto usava nel  vincere le più grandi difficoltà di codeste lingue, della cui completa e  perfetta conoscenza die’ bella e solennissima prova negli esami che sostenne il  21 settembre 1849 nella R. Università al cospetto di uomini gravi ed  eruditissimi, i quali nel consegnargli il diploma di dottore in lettere e  filosofia gli fecero le più ampie lodi. Ma egli non si stette pago a tali lodi: non si  riposò, come suol dirsi, sugli allori; e volle studiare giurisprudenza. E  studiò il diritto civile col celebre Roberto Savarese, il diritto penale col  consigliere Caracciolo, il diritto canonico e il diritto di natura e delle  genti col canonico Soltuerio e con don Vincenzo Balzano, vicario  dell’Arcivescovado. Aveva appena 21 anni, quando, abilitato agli  esami dal canonico Apuzzo, conseguì la laurea in giurisprudenza. Cominciò subito ad esercitare l’avvocatura con  felice successo. E nello stesso tempo insegnava privatamente diritto civile e  canonico e pubblicava opere scientifiche e letterarie che levavano gran rumore  per le discussioni a cui davan luogo. Nel luglio del 1854 fu iscritto nell’albo  dei procuratori della Corte d’Appello. Il giovane Lebano, allievo d’insegnanti quasi  tutti preti e gesuiti, avrebbe dovuto avere naturalmente idee assai retrograde.  Pure, fosse l’educazione paterna, fosse il grande acume con cui aveva studiato  i classici, fosse, che è più, l’elevatezza dei suoi sentimenti, non tardò ad  iscriversi alla società segreta della Giovine Italia, della quale divenne in  breve tempo un adepto così prezioso ed importante che d’un tratto fu innalzato  alla carica di Gran Maestro del Rito Egiziano, il cui precipuo intento era non  pure l’indipendenza e l’unità della patria, ma anche la caduta del poter  temporale dei papi. L’opera sua di cospiratore fu efficacissima fino al 1870. Si narrano varii aneddoti caratteristici circa i  mezzi dei quali si serviva sia nella propaganda delle idee liberali, sia  nell’eludere la severa vigilanza della polizia. Ne ricordo uno assai curioso.  Nel 1852 si pubblicava a Napoli il Cattolico, giornale diretto da preti.  Ebbene, - chi lo crederebbe? - proprio su quel giornale Giustiniano Lebano  stampava prose e poesie, che, mentre sembravano ispirate a sentimenti borbonici  e clericali, per chi sapeva leggere sotto il velame delli versi strani,  celavano le idee più ribelli, le accuse più atroci e terribili contro il  dispotismo. E quei preti baggei non ne capivano un frullo, con gran gusto del  Lebano e di altri patriotti, i quali, come Vanni Fucci, squadravan loro le  fiche e facevan di molte e saporitissime risate. Senonché i cento occhi d’Argo  della polizia riuscirono a scoprire nel Lebano ciò che ai preti del Cattolico  era sfuggito. E lo spiavano di continuo, seguendo ogni suo passo. Ma egli seppe  accoccarla anche ai suoi segugi. Avvertito che sarebbe stato arrestato da un  momento all’altro, andò a cercar rifugio in un monastero, il cui padre  guardiano, che era suo intimo amico e che nutriva sentimenti liberali al par di  lui, gli fece radere i baffi e indossare le lane di S. Francesco. Un  commissario di polizia andò una sera dal padre guardiano, e questi gli presentò  il Lebano non ricordo sotto qual nome di frate. Giustiniano Lebano si.. Giustiniano Lebano sembra più giovane di molti  giovani di oggi. Ha fede invitta nelle magnanime idee di umanità e di  progresso. E questa fede gli perpetua la gioventù. Dal suo volto roseo e ancor  fresco spira una simpatia fascinatrice, un’aura di sconfinata dolcezza. Egli  vivrà ancora molti anni, perché ha forse un’alta missione da compiere. Studia e  scrive sempre. Interroga le pagine polverose dei più antichi scrittori, i quali  nella solitudine della sua villa, posta alle falde del Vesuvio, sulla via che  da Torre Annunziata mena a Boscotrecase, lo incoraggiano a perseverare a far  bene, checché gliene avvenga. Innanzi a Giustiniano Lebano in tempi di egoismo  cinico e ributtante, quali sono i nostri, chiunque serba un culto per la virtù  deve riverentemente inchinarsi. Egli è il più grande filantropo di Torre  Annunziata e, sto per dire, di altrove. Ed io che ho avuto l’inestimabile fortuna  di conoscerlo sono orgoglioso di dirmi suo sincero e caldo ammiratore".   Giustiniano Lebano, fu  dignitario della massoneria del Grande Oriente, della Società Teosofica, del  rito di Memphis di Pessina e poi del Rito di Memphis e Misraim unificato da Garibaldi.  Raccolse una grande  biblioteca di rari e antichi testi iniziatici e alchemici dove riceveva  occultisti di tutta Europa. Commentò, in polemica con la Chiesa Romana, rimasta "a rappresentare l’ignoranza,  l’oscurantismo, e la superstizione" il "Cantico dei Cantici", dove il problema dell’Inferno e la  discesa agli inferi vennero interpretati come allegorie delle antiche  iniziazioni. Il 25 ottobre 1910, sulla  rivista esoterica kremmerziana "Commentarium",  un personaggio che si firmava "Ottaviano", invitava i lettori interessati agli argomenti iniziatici a leggere il volume di  Lebano sull’inferno. Sembra certo che "Ottaviano" fosse Leone Caetani (1869-1935), principe di Teano e duca di Sermoneta.  Egli rimandava a Lebano, segnalando come l’ambiente iniziatico-paganeggiante  romano e quello esoterico-egizio partenopeo fossero entrati in contatto: in  effetti Caetani e Lebano facevano parte dell’Ordine Egizio, insieme al citato  Pasquale de Servis. De Servis abitava a Portici nella casa di proprietà della signora  Gaetana Argano. Il figlio della signora Argano era Ciro Formisano (1861-1930),  noto alla storia della magia con il nome di Giuliano Kremmerz (o Kremm-Erz)  che, attraverso De Servis, entrò in contatto con Lebano e con Leone Caetani.  Nel 1894 moriva de Servis.  Nel 1897 Kremmerz iniziò la pubblicazione della rivista "II Mondo Secreto", e, due anni dopo, del bollettino "La Medicina Ermetica". Dopo  la pubblicazione di altri importanti scritti fra cui "La Porta Ermetica", negli anni 1910-11 farà uscire a  Bari la nuova rivista, "Commentarium".  Già nel 1896 Kremmerz, sotto gli auspici del "Grande Oriente Egiziano" (emanazione di quell’"Ordine Egizio" che continuava  la tradizione magico-egiziana napoletana), fondava la "S+P+H+C+I+" o "Fratellanza Terapeutica di Myriam" (F+Tm+di Myriam) che si manifestò con uno statuto del 22 dicembre  1909 dove si dichiarava voler riattivare una "fratellanza ad esempio delle antichissime sacerdotali isiache egiziane,  di cui più recente e nota imitazione è la Rosa+Croce". Lo statuto, nei  suoi sessanta commi, afferma che la Fratellanza dovrà occuparsi solo medicina  ermetica, di terapeutica magica, di psicurgia e taumaturgia al fine, quindi, di  guarire o alleviare le sofferenze e le malattie. Myriam (Maria) è l’Iside,  l’anima umana perfetta che, attraverso la Concezione Immacolata partorisce il  Kristos, ma è anche la "Minerva  medica" che è terapeutica.  Il Kremmerz va ben oltre il  magnetismo mesmeriano quando afferma che la Fratellanza costituisce con la sua  catena di volontà pure e benefiche, la grande Myriam e che intorno ad essa si  richiamano gruppi e falangi delle antichissime scuole iniziatiche isiache, " i Geni della medicina ermetica, della  vita e della salute, gli Eoni più terribili della giustizia sacerdotale dei  Templi. Si illuderebbe chi nel suo cuore nascondesse propositi diversi, non  retti o incoffessabili. La scienza è del bene e del male, ma la nostra scuola è  di solo bene". E’ chiaro, dunque, che le  operazioni di magia isiaca, finalizzate alle guarigioni, sono di origini  antichissime, egiziane e caldee. La ritualità prevede anche l’uso di alcuni  Salmi effettivamente ritenuti curativi ed energetici. Nei riti terapeutici come  il Rito del Kons-Sin-Dar o in quello dello Zike, sono usati alcuni Carmi, di  origine caldeo-egizia, giunti fino ad oggi, attraverso la tradizione orale,  come parole che non appartengono a nessuna lingua, destinati all’evocazione di  "forze magnetiche" e che funzionano quasi meccanicamente per il suono  che si emette pronunciandoli. I carmi erano stati fatti e costituiti con delle  precise regole foniche: ciascuna articolazione corrisponde ad una vibrazione.  Dunque i Carmi hanno una virtù anzitutto fisica perché, oltre alla ritualità, "le parole scandite, le sillabe, i  suoni generatori, le vibrazioni di quel tale campo astrale della natura umana e  terrestre, a prescindere dal lato iperfisico, diventano attivi in maniera  concreta, matematica, precisa". I rituali della F+Tm+ di  Myriam costituivano quella parte relativa alla magia isiaca del corpus che comprendeva  i tre gradi relativi agli "Arcana  Arcanorum" omaestrati  osiridei in cui la Myriam, attraverso la Concezione Immacolata, partorisce il  Kristos: e di che cosa questo significhi viene data più di una traccia, benché  in modo sibillino, nelle pubblicazioni di Kremmerz. E’ per questo motivo che  nel 1910 "Ottaviano" (Leone  Caetani) prende congedo dalla rivista "Commentarium" imputando al Kremmerz di avere incautamente divulgato segreti magici sia pure  per ragioni "umanitarie".  Passando all’esame del "Corpus Philosophorum totius  magiae" del Kremmerz, ovvero ai gradi segreti degli "Arcana Arcanorum", si  apprende come il culmine della magia "osiridea" consista nella "pratica del  separando", una operazione alchemica interna e di trasmutazione in cui  l’elemento solare dell’uomo viene progressivamente separato dagli elementi  saturno, luna, mercurio.  Se, durante le operazioni,  la parte inferiore del lunare estende se stessa, se, in altre parole, si  accresce la sua positività inferiore per ampliamento delle vibrazioni  saturniane con predominio animale il vaso achimico si rompe e si genera uno  stato uguale in potenza al saturniano, si genera cioè la Lilith. Se, invece, si estende la  parte superiore negativa del lunare, per predominio di vita spirituale, si ha la  Evè, compagna non più soggiogata al saturniano. Questa Evè, dice Kremmerz, "deve dormire quando la dolce  incantagione ci pervade". Deve dormire, o meglio, essere neutra e  immobile, mentre è viva l’intelligenza che la penetra e la comprende. Allora,  come il serpe attorcigliato al bastone di mercurio, viene immobilizzata e  neutralizzata e genera la Maria. Così la parte più densa del  mercuriale e quella più eterea del lunare, formano una sintesi mercurio-luna.  Questa sintesi o quintessenza è il figlio dell’essere unitario uomo, più forte  dei genitori perché li lega. Il padre putativo è Giuseppe (apparato  celebro-spinale) il quale lo accumula, la madre è Maria, ossia il lunare, come  prima descritto, e nasce per opera e virtù dello Spirito Santo, ovvero del corpo  mercuriale puro, o principio di vita, in congiungimento col lunare. E’ Genio,  generato e generante, quando è piccolo è minacciato da Erode (Eros) perché può  degradarsi alla corrente generativa, perdendo così la sua parte più sublime.  La chiave di questa  alchimia, porterà alla realizzazione del corpo di gloria, che dà poteri  particolari, liberazione dalle reincarnazioni o di continuarle con la capacità  di controllarle, è una forma di magia trasmutatoria. La quinta proposizione  dell’egiziaca "Tavola di  Smeraldo" (Separerai la Terra  dal Fuoco, il sottile dallo spesso dolcemente e con grande industria. Esso sale  al Cielo e nuovamente discende in Terra forte delle cose superiori e inferiori)  sia pure in termini ermetici lascia intendere il tipo di operatività. Sulla  rivista "Ibis", nel 1950 si  parla più esplicitamente di "un  serpente di soffiato di Murano che si mangia la coda" da utilizzare  come Atanor alchemico. Per intendere il senso delle pratiche osiridee si deve  tenere conto di tutta l’antropologia e la cosmologia propria del sacerdozio  Egizio: le varie fasi del separando alchimico permettono la disgiunzione  graduale degli elementi più elevati contenuti nella materia prima, da quelli  più bassi. Per meglio rendere i concetti espressi, sottopongo alla vostra  attenzione un brevissimo stralcio del Corpus del Maestro Giuliano Kremmerz,  dove gli "Arcana Arcanorum" vengono dispiegati e svelate le pratiche per ottenere il separando alchimico.   Il separando. "A questo punto dovrei scrivere le parole  mistiche del tempio antico, gli eletti soli mi intenderanno e presuppongo che  queste carte non capitino nelle mani dei perversi e di coloro che vogliono  rapire il fuoco ai cieli per fini volgari. Dunque entro risolutamente  nell’argomento e nella brevità più assoluta dirò tutto ciò che conviene dire,  lasciando la pratica dell’arcano alla iniziativa di colui che mi intenderà  pienamente e profondamente. Esiste un secreto che praticato con accorta  sagacia e sottile intendimento rigenera la natura volgare dell’uomo e ne  rinforza o ne dispone delle potenzialità angeliche o spirituali mobili.  Questo secreto, di cui mi accingo a dare senza  veli gli elementi indispensabili alla sua pratica, è antico quanto il diluvio.  Ne custodirono gelosamente la trasmissione gli antichi sacerdoti. Tutti i libri  sacri ne parlano. La Genesi, che tutti leggono inizialmente come uno schema  tradizionale della creazione del tutto, rivela questo secreto nella descrizione  del Paradiso Terrestre, nell’Albero del Bene e del Male, nella manifestazione  del serpente ad Eva. L’Albero del Bene e del Male è il fusto che l’Ercole della  mitologia greca adoperò per clava, e questo albero, si badi bene, è comunissimo  nel mondo degli uomini. Attorno al suo tronco è avviluppato un serpente,  il serpente degli antichi braccialetti egizi e che gli orafi pompeiani  modellavano tanto finemente. Questo albero produce un frutto che è la cosa più  grande ed eccellente che la natura ci presenti. Nessuno lo mangia. Esso si  stacca dall’albero che lo genera per cadere sulla terra. Se entra in terreno  fertile dà la vita ad un novello albero: è frutto ed è seme. La Bibbia non dice  che questo sia l’Albero della Vita e della Morte; lo chiama invece del Bene e  del Male, cioè di Ormuzd e di Ahriman.  Ma se io lavoro questo seme aurifero, posso  dargli, per la mia preparazione una potenza concentrante, una moltiplicazione  non solamente rapida, ma di potenzialità illimitata nella sua riproduzione.  Questo germe di tutte le cose, seme vegetale, animale o metallico, per l’unità  di essenza di tutto l’Universo, in una sua parte occulta (nella parte, cioè,  che racchiude la virtù generativa o vitale) è sempre identico a sé stesso. In  altri termini, il principio di vita, l’essenza virtuale della generazione è  contenuto nel seme di tutte le cose: questo principio di vita unico è il  mercurio degli alchimisti. Questo principio mercuriale è contenuto in identica  potenzialità in tutti i mercurii specifici, solamente varia per una aggiuntiva  composizione di mezzo. L’alchimia concepisce una prima operazione  sottile o ermetica di separare il mercurio composto come ce lo appresta la  natura, in una quintessenza o spirito di vita, e in uno spirito di forma, di  cui l’alchimista tende a sbarazzarsi. Il dissolvente per eccellenza che separa  lo spirito vitale dalle forme o mercurio specifico, è la tinctura solis o  Alkaest. Il mercurio composto è, nella determinazione  delle forme, il più potente fissatore e ritenitore delle immagini proiettate.  Esso ritiene e fissa le forme imposte, purché si trovi il modo sicuro di  imporre al mercurio stesso l’immagine desiderata. Si rifletta su questo caposaldo del laboratorio  alchemico che contiene in sé un germe, perciò non perdere parola, di quanto io  scrivo, copiando dal libro di magia del pontefice dei maghi di Ur, Izar, e bada  che io misuro le parole col compasso astrologico, e i non degni di comprendere  non comprenderanno le mie parole chiare ed esplicite alla luce solare".    Ovviamente non posso  divulgare altro relativamente agli "Arcana Arcanorum, credo che questo sia  il primo convegno, non riservato ai soli iniziati, nel quale si siano  affrontati tali temi. Se quanto detto è stato ben inteso e non frainteso,  certamente altri incontri ci saranno. Ricordiamo che lo scopo unico di ciò è il  miglioramento di noi stessi, al fine di iniziare a percorrere la Via della  reintegrazione dell’uomo nei suoi originari poteri, virtù, potenze. Le defezioni, gli  spergiuri, le calunnie, le ironie, le carceri ed i roghi di ogni tempo, non  riusciranno mai a svilire il tesoro di questa Arte, poiché essa è come il  cilindro dal quale il mago fa uscire nulla di più di quanto prima vi aveva  messo dentro: così chi già possiede l’Oro dei Saggi, produrrà Oro; chi non  possiede che vanità, voglia di prevaricare, stupidità, non produrrà altro che lo  sterco del diavolo. Arroganti, saccenti,  controiniziati, ambiziosi, stupidi parolai da salotto, filosofi salariati  ansiosi di mettersi in mostra per delle inconfessabili velleità, continuano da  più parti, sotto le sigle più improbabili, a promuovere riunioni, conferenze,  convegni, dove nascondono la loro pochezza imbellettando il loro dire con  altisonanti parole, retorici preziosismi, stili in gualdrappa, espressioni ad  effetto, travasando il vuoto nel nulla, traboccando in vacue magniloquenze e  riducendo la nostra Arte alla stregua di monete fuori corso, ma coloro che già  si trovano sulla Via, vigilano e danno a questi atteggiamenti lo stesso valore  della coperta di Linus.  
                  
                        Si veda:  Gastone Ventura, I riti massonici di Misraïm e Memphis ,  Atanòr, Roma 1980, pp. 18 ss., 43 s. per l’inquadramento storico  dell’inclusione di questi gradi nei riti “egiziani”.  
                      Massimo  Introvigne, Il cappello del mago,  SugarCo, Milano 1990, p. 164. 
                      Si veda, da  ultimo, il sito dell’Anticoe Primitivo Rito di Memfis e Misraim:  www.memphismisraim.it. 
                      Si veda:  Ventura 1980, cap. III. 
                      Ventura 1980,  pp. 48. Si vedano anche gli  articoli:  Fulvio Bramato, Napoli massonica nel  settecento attraverso un manoscritto di Emanuele Palermo. Introduzione e note, Rivista Massonica 69 (= 13 della nuova serie) n. 8 – Ottobre-Novembre 1978, pp.  453-473; Giuseppe Schiavone, L’apporto  della Massoneria e della Carboneria al Risorgimento italiano, Hiram 2-1999,  pp. 35-41. 
                      Natale Mario Di  Luca, La Massoneria. Storia, miti e riti,  Atanòr 2004, pp. 128-136, in part. 133, 135 s. 
                      Per cui si  rinvia al contributo, in questo medesimo convegno, di Gianfranco De Santis. 
                      Si veda: di -  "Niccodemo Occhiboni ,anagrammi e arcani nel linguaggio di Domenico  Bocchini pitagorico",Carpe Librum (in: Giuseppe Maddalena,Cristian  Guzzo,Gaetano Lo Monaco, "Quaderni del V Vangelo  "),Novi(VI),Aprile2001.- Cap.: Il Vecchio del Sebeto,pag.15-18 (ripreso  in: http://it.groups.yahoo.com/group/gruppo_di_ur/). 
                      Su Yarker  e le vicende del Rito di Memphis si vedano i brani riportati alla nota 2 di  Roberto Sestito, Storia del Riro  Filosofico Italiano e dell’Ordine Orientale Antico Primitivo di Memphis e  Mizraìm, Firenze Libri 2003, pp. 22-23. 
                      Cfr. il sito  web http://it.groups.yahoo.com/group/gruppo_di_ur/       
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